Chiara Ferragni, cosa c’entra con la guerra in Israele? Le critiche dei fan sugli ultimi post: hanno ragione o torto?

Chiara Ferragni ha pubblicato un post da un locale di Milano, nel quale è finita sotto attacco per via della guerra in Israele. La celebre influencer ed imprenditrice digitale, infatti, è stata ampiamente criticata per una sua mancata presa di posizione sulla vicenda degli attacchi di Hamas e sul conseguente stato di guerra dichiarato dallo stato israeliano. Anche se il post che ha pubblicato non c’entra nulla con la questione, celebrando i 14 anni di lavoro di The Blonde Salad, sono in tanti quelli che la criticano per questo suo silenzio sulla guerra a Gaza e in Israele. Ma perché mai la stanno attaccando così tanto?

Chiara Ferragni criticata sulla questione di Israele

Andiamo con ordine e partiamo. Chiara Ferragni è stata praticamente sommersa dai commenti di follower e non, che la accusano di non aver preso posizione sull’attuale guerra che sta scuotendo il Medio Oriente.

Basta osservare il suo ultimo post – nel quale appunto celebra i 14 anni di attività di The Blonde Salad – per rendersene conto.

Sotto il carosello è infatti comparso questo messaggio: “Non posso credere come una persona come te, con tanta influenza nel mondo intero rimanga in silenzio a far finta di niente davanti alla tragedia che sta colpendo Israele in questi giorni. Parliamo di donne stuprate, rapite, bambini uccisi, bruciati e decapitati, e nonostante ciò tu decidi di chiudere gli occhi e rimanere a guardare. Non esiste. Sono sicura che se la vittima fosse stato qualcun altro saresti stata pronta a pronunciarti. I tuoi amici ebrei non dimenticheranno, perché a volte, il silenzio vale più di mille parole“.

Ma questo commento non è un caso a sé. Anche altri la stanno criticando: “Non capisco come una persona con influenza come la tua possa stare zitta di fronte a tanta crudeltà. Il vostro silenzio è assordante. I bambini uccisi e decapitati potrebbero avere l’età dei tuoi figli“.

O ancora: “Sui social denunci patriarcato, femminicidi, cultura dello stupro, consenso, catcalling, victim blaming, però se di mezzo c’è Israele meglio non spendere mezza parola per le donne stuprate dai terroristi islamici“.

E qualche commento sembra arrivare direttamente dalla comunità di Israele: “Ciao Chiara. Sono un follwer per molto tempo. Il tuo silenzio su quello che sta succedendo in Israele è molto inquietante. Abbiamo bisogno di tutto il sostegno possibile. Tanti bambini, bambini, 40 bambini!!!! Donne e anziani uccisi nelle loro case senza motivo!!! Per favore, parlate!!! Quello che è successo dopo è orribile, incredibile e feroce“.

È giusto che gli influencer dicano la loro sulle vicende politiche?

In molti, di fronte a questi commenti, si stanno chiedendo se sia giusto che gli influencer dicano la loro sulle vicende politiche internazionali, o comunque su temi delicati e sociali.

In realtà, quello che si chiede a Chiara Ferragni sulla questione Israele è di fare da cassa di risonanza, un modo per diffondere il messaggio oltre i canali più tradizionali, proprio facendo leva sul grande pubblico (e sulla sua sensibilità più volte dimostrata).

Non perché la sua opinione sia più importante delle altre, ma perché in quanto “influencer” dispone di un “potere” decisamente più elevato proprio grazie alla sua fama.

Chiara e l’appello per la guerra: le critiche non mancano lo stesso. Cosa è stato notato nelle stories dell’influencer

Tuttavia, nel caso di Chiara Ferragni, c’è un precedente importante, legato allo scoppio di un’altra guerra: non quella in Israele, ma quella in Ucraina.

In quel caso, l’imprenditrice digitale si mobilitò subito per sostenere la popolazione ucraina, tramite un aperto appoggio alla raccolta fondi della Croce Rossa. Anche in quel caso, le critiche non si fecero attendere, con commenti carichi di odio e livore.

Come fai sbagli“, verrebbe da dire. E nel caso di Chiara Ferragni l’affermazione è sempre appropriata. Specie su questioni così delicate. Che sia questo il motivo del silenzio di Chiara sull’argomento?

Photo Credits: Kikapress