(Adnkronos) – “Su oltre un milione di malati cronici di demenza, 3 milioni sono i numeri del mondo dei caregiver. La contemporaneità ci obbliga a guardare questi dati e a pensare con quali soluzioni affrontarli. E non si può prescindere da quelle innovazioni che il mondo digitale ci ha fatto conoscere. Credo sia l’unico modo per gestire quei numeri. Ovviamente in modo intelligente, con algoritmi e aiuti che il digitale porta, ma senza dimenticare quella relazione umana che fa la differenza. Il tocco umano”. A spiegarlo oggi è stata Elena Zambon, presidente di Zambon Spa, oggi durante un incontro promosso dalla sua start-up Careapt, dedicata proprio allo sviluppo di soluzioni di digital health per persone con malattie croniche. Un momento di confronto tra clinici esperti di demenze, aziende, professionisti del welfare aziendale.
Sotto la lente gli scenari che si stanno aprendo sull’onda della rivoluzione digitale, con l’obiettivo di capire come la tecnologia possa rendere sostenibile la sfida della cronicità, anche per le aziende, considerato che negli organici di qualunque realtà produttiva c’è una quota crescente di ‘dipendenti caregiver’. “Ci viene chiesto perché un’azienda farmaceutica investe sulla digital health. Perché non riteniamo sia possibile spezzare i due temi – argomenta Zambon – Ci sono tutta una serie di patologie che sono compagne di viaggio con cui dobbiamo fare i conti”. I caregiver sono attorno a noi, fa notare, e vivono questa esperienza. “In una situazione di cambiamento sociale che porta le famiglie a diminuire nei numeri, i caregiver sono i figli, spesso figli unici. Bisogna prendersi cura delle persone e delle malattie. E dunque Zambon ha pensato fosse necessario non occuparsi solo di molecole ma anche di supporti, modalità con cui ci si relaziona con i pazienti e con medici, infermieri e persone che ruotano attorno a questi pazienti”.
Il Pnrr, continua la presidente del gruppo farmaceutico, “apre delle prospettive e la pandemia ha dimostrato quanto sia importante fare sinergia per affrontare qualsiasi patologia, ma in particolare quelle croniche”. Quanto al percorso di Zambon, “nel 2008 ci siamo avvicinati a questo mondo prendendo ItaliAssistenza, realtà che aveva anticipato il tema dell’assistenza domiciliare. Dieci anni dopo, nel 2018, nasce Careapt che ci ha fatto capire come rinnovare” questo tema. La start-up ha lanciato nel 2020 ParkinsonCare, servizio di teleassistenza infermieristica specialistica dedicato alle persone con morbo di Parkinson e ai loro caregiver. Sono stati seguiti oltre 700 pazienti e l’obiettivo è stato anche evitare che finissero in ospedale “in quei mesi terribili” dominati dalla pandemia di Covid-19.
Oggi l’azienda lancia DemedyaCare, una soluzione di teleassistenza e teleriabilitazione disegnata per affiancare i caregiver delle persone con demenza nella vita di tutti i giorni con l’obiettivo di sostenerli e abilitarli attraverso un programma di ‘coaching occupazionale’. “L’unione di tecnologie e strumenti abbinati all’aspetto umano credo sia l’equilibrio che dobbiamo cercare – conclude Zambon – Ricordo una frase che disse un collaboratore e mi colpì molto: nessuno di noi credo voglia morire fra le braccia di un robot. Il nostro sforzo è definire la professionalità tecnica fatta di competenze, ma anche quello human touch che può fare la differenza. Tutti noi abbiamo vissuto esperienze con un caro, con dei genitori che possono aver avuto bisogno. Credo sia arrivato il momento di pensare anche a come alleviare ai giovani il carico” di occuparsi dei propri cari con malattie complesse come la demenza.
“Non possono farcela da soli e mantenere una vita attiva e una vita quotidiana fatta di lavoro”. Alcune aziende “hanno cercato di capire come risolvere. Mi piace pensare che questa sensibilità sia ormai un patrimonio comune e che questi due mondi si parlino”.