(Adnkronos) –
Tra i tumori pediatrici che colpiscono il sistema nervoso centrale, i più frequenti sono i gliomi. “L’obiettivo della terapia di questi tumori è la guarigione, quando possibile, e la diminuzione di altre condizioni provocate dal tumore e dalle terapie. Nel caso dei tumori pediatrici, le terapie devono anche ridurre al minimo la tossicità, gli effetti tardivi e permanenti sulla crescita e lo sviluppo del bambino. Un altro aspetto importante è la possibilità di una somministrazione orale, a casa, per ridurre al minimo ricoveri e terapie endovenose, per una migliore qualità della vita del piccolo paziente e di tutta la famiglia”. Così Maria Luisa Garrè, dirigente medico dell’Emato-oncologia pediatrica dell’Irccs Gaslini di Genova, in un’editoriale pubblicato su Alleati per la salute (www.alleatiperlasalute.it), il portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis.  

I tumori cerebrali – spiega Garrè – hanno delle peculiarità che ne rendono complesso il trattamento, perché è difficile la loro asportazione completa senza provocare sequele a livello del sistema nervoso centrale (Snc). I farmaci faticano a raggiungere il bersaglio per la presenza a livello cerebrale di una struttura protettiva, la barriera emato-encefalica, che è molto selettiva nel permettere il passaggio delle varie molecole. Nel caso poi di un paziente in età pediatrica, è necessario avere particolare attenzione alla tossicità delle cure per gli effetti possibili in un organismo in crescita. Le modalità terapeutiche fondamentali nel trattamento dei tumori del sistema nervoso centrale del bambino sono rappresentate da: chirurgia, radioterapia, chemioterapia e farmaci biologici. La strategia terapeutica – evidenzia l’esperta – varia in rapporto a numerosi fattori che comprendono, ad esempio, la malignità istologica o grading, l’età alla diagnosi e la presenza di metastasi. E grazie al continuo miglioramento delle conoscenze e al risultato dei trial clinici, in particolare per farmaci biologici, è in continua evoluzione.  

I gliomi rappresentano circa il 30% dei tumori del Snc del bambino. In Italia si registrano circa 150 nuovi casi all’anno di gliomi a basso grado pediatrici. La tipologia più frequente – ricorda Garré – è l’astrocitoma pilocitico, seguito dal ganglio-glioma. Il trattamento standard dei gliomi a basso grado pediatrici consiste nella chirurgia, dove possibile. La terapia medica standard, nei casi inoperabili o che evolvono dopo asportazione parziale, è rappresentata dalla chemioterapia. I farmaci sono somministrati per via endovenosa e, anche se generalmente ben tollerati, possono essere associati a tossicità ematologica, allergie e minore efficacia nei casi in cui le cellule tumorali presentino la mutazione Braf. 

Il sistema (pathway) Braf-Mapk – illustra ancora la specialista nell’articolo – è implicato nella proliferazione, sopravvivenza e differenziazione cellulare di alcuni tumori dell’adulto e di alcuni gliomi del bambino. Da quando la mutazione del gene Braf V600 è stata identificata in alcuni tumori dell’adulto (45-50% dei melanomi, secondo le linee guida Aiom 2021) sono iniziati trial che prevedevano l’utilizzo dei Braf-inibitori in monoterapia e, nel tempo, l’associazione con Mef-inibitori. La duplice terapia con Braf-Mek inibitori si è visto che potrebbe ritardare o scongiurare i meccanismi che portano alla resistenza. Il Braf V600 è il gene più frequentemente mutato nei gliomi pediatrici ed è presente nel 15-20% dei casi di glioma a basso grado e nel 5-10% dei casi di glioma ad alto grado.  

I farmaci inibitori di queste vie metaboliche in campo pediatrico sono utilizzabili al momento per la cura di gliomi a basso grado solo nell’ambito di studi clinici controllati, o con modalità compassionevole in casi selezionati, previo esame e approvazione del protocollo da parte dei comitati etici ospedalieri. Tutti questi farmaci sono somministrabili per bocca; sono state testate formulazioni pediatriche con compresse orodispersibili che permettono la somministrazione anche in bambini più piccoli (tra 1 e 5 anni). L’efficacia, la buona tolleranza, unitamente alla comodità di somministrazione, contribuiscono a migliorare molto la qualità di vita del paziente e della famiglia durante le terapie, riducendo la necessità dei ricoveri solitamente necessari per le terapie endovenose.  

A tale proposito, i dati presentati all’Asco 2022 mostrano che la terapia con Braf-Mek inibitori nei pazienti di età compresa tra 1 e 17 anni con glioma pediatrico di basso grado Braf V600 hanno dato un tasso di risposta nel 47% dei casi rispetto all’11%della chemioterapia. La malattia è stata controllata clinicamente nell’86% dei casi (46% con la chemioterapia). Il tempo medio libero dalla progressione di malattia è stato rispettivamente di oltre 20 mesi contro 7,4. Questi risultati – conclude Garrè – se confermati da ricerche su numeri più ampi di partecipanti, potrebbero cambiare la terapia standard nei malati di glioma a basso grado con mutazione Braf e migliorare la qualità di vita di questi bambini, che potrebbero ricevere la terapia a casa, in formulazioni come l’orodispersibile, più facili da assumere rispetto alle compresse, senza necessità di recarsi in ospedale per le sedute di chemioterapia per via parenterale. Tale terapia in neuroncologia pediatrica deve comunque essere monitorata in centri specializzati. L’articolo completo è disponibile su: https://www.alleatiperlasalute.it/alla-scoperta-di/gliomi-pediatrici-impatto-delle-nuove-terapie.