(Adnkronos) – Il diritto all’oblio oncologico, cioè la possibilità per chi è guarito da patologie tumorali di ritornare in possesso dello status di persona non malata; l’andamento degli screening oncologici prima e dopo il Covid 19; il ruolo determinante che potrebbe assumere un’adeguata oncologia territoriale; la necessità di riuscire a implementare delle buone reti oncologiche a livello nazionale: sono le tante questioni sul tavolo nella quattro giorni organizzata da Favo, Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia, per la XVII Giornata Nazionale del malato oncologico. L’evento proseguirà fino a domenica 15 nel centro congressi Roma Eventi Piazza di Spagna. 

“La Federazione si batte per il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali dei malati di cancro – spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo – come il diritto di lavorare durante il trattamento terapeutico e il diritto ad avere il riconoscimento della disabilità transitoria quando si è in chemioterapia. Ci sono poi altri aspetti da denunciare, come ad esempio le carenze nell’assistenza sanitaria, nell’accesso agli screening e alla diagnosi”. “Da sempre ci battiamo – sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo – perché ci siano non solo le migliori cure possibili, non solo la riabilitazione dopo la fase acuta di malattia per restituire i malati a una vita piena e dignitosa, ma stiamo affrontando un ulteriore passaggio: non solo la curabilità del cancro, ma il fatto che si possa definire la persona guarita dal cancro”. 

“La sanità negata ha costituito un elemento di grande disturbo per le terapie; il rischio è che la malattia del cancro diventi la prima causa di morte. Dal 2020, rispetto al 2019, gli screening per i malati oncologici sono stati due milioni e mezzo in meno: 45,5% i controlli riguardanti il tumore colon rettale, 43,4% quello cervicale e del 34,7% quello mammografico”, ricorda Marcella Marletta, direttore dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale del malato oncologico.  

Sul tema dell’oncologia territoriale e dell’implementazione di reti oncologiche a livello nazionale è intervenuta Paola Varese, direttore scientifico di Favo: “Una delle sfide che quest’anno stiamo lanciando nel rapporto 2022 con gli amici dell’Aiom e di varie altre società scientifiche è la presa in carico del malato anche sul territorio. Questa è la nuova sfida: sappiamo che circa il 30% dei malati oncologici potrebbe ricevere un trattamento a livello domiciliare con una ricaduta immensa sulla qualità di vita. Pensiamo agli spostamenti: quando non si ha un centro oncologico vicino ci si deve trasferire in un’altra città, dove è preso in carico. Dobbiamo pensare ad una nuova oncologia territoriale, con un lavoro di rete, non sganciata dai centri di ricerca, dai centri ospedalieri: dobbiamo pensare ad una integrazione reale ospedale-territorio”. 

“In Campania abbiamo lavorato molto sulla digitalizzazione del percorso, abbiamo creato – spiega Sandro Pignata, dell’Istituto tumori di Napoli – un sistema informatico che consente di guidare il paziente verso i centri per un determinato tipo di patologia e in senso bidirezionale verso il territorio, perché è giusto che il paziente prosegua le cure in prossimità della sua residenza”.  

Infine, qual è il ruolo della politica? Non ha dubbi la senatrice Paola Binetti: “L’impegno della politica per i malati oncologici è molto alto, molto forte in chiave di principio, anche perché non esiste persona che non abbia fatto esperienza diretta in famiglia o tra coloro cui si vuol bene. La sensibilità è molto forte, ma si deve passare dalle affermazioni di principio a fatti concreti. Abbiamo assistito ad una presa di posizione del Parlamento attraverso mozioni, interrogazioni, disegni di legge, totalmente in linea con i bisogni dei pazienti. Poi abbiamo visto il flop assoluto nel momento in cui queste iniziative si devono tradurre in azioni concrete. È come se il ministero fungesse da muro di gomma: tutte le cose, anche buone, che vengono portate al ministero, scivolano in una sorta di palude. Il Pnrr, questa riforma cui tutti stiamo dedicando speranze e aspettative, dovrebbe partire proprio dal rimettere in moto la macchina della pubblica amministrazione e garantire svecchiamento, ammodernamento ed efficienza, anche utilizzando prima, più e meglio, tutti i mezzi di digitalizzazione”.