Informare adeguatamente il paziente sulle modalità del servizio, acquisire laddove necessario il consenso e garantire la tutela dei dati personali di pari passo alle prestazioni sanitarie erogate; ridefinire i sistemi di prenotazione Cup; integrare il sistema telematico con i dossier sanitari e il fascicolo sanitario elettronico (Fse). Sono alcuni degli obiettivi da raggiungere per attivare un servizio di telemedicina adeguato all’interno delle strutture sanitarie, ma anche per consentire al singolo professionista un corretto approccio a modalità innovative con cui svolgere la propria attività. Consulcesi & Partners sta realizzando una collana formativa che spiega le basi della telemedicina, le regolamentazioni in atto e le procedure corrette per implementare questo strumento.
“Con la grave emergenza sanitaria in atto – dichiara l’avvocato Ciro Galliano, partner C&P in materia di telemedicina – è apparsa chiara a tutti la necessità di ripensare interamente l’organizzazione del Ssn, in particolare a livello territoriale e che la telemedicina può rappresentare, anche nel post-Covid, un elemento concreto di innovazione organizzativa nel processo assistenziale. Appare evidente allora come la telemedicina non possa e non si debba etichettare semplicemente come ‘la telefonata’ al paziente o l’invio via chat della foto o del file Pdf del referto medico. – ha proseguito Galiano – tale condotta, se può essere ammessa nel periodo emergenziale dovrà essere totalmente rivisitata sul piano organizzativo e contenutistico da tutti i player del settore sanitario pubblico e privato a tutti i livelli”.
Con telemedicina – si legge in una nota – si intende una tecnica, o meglio un insieme di applicazioni tecnologiche, informatiche e telematiche che permettono di soddisfare esigenze di assistenza medica non in presenza su pazienti, pertanto, distanti spazialmente, e in alcuni casi temporalmente, dal medico o dal sanitario non medico che eroga la prestazione.
Covid-19 ha mutato improvvisamente il rapporto medico paziente fondato generalmente sull’esame obiettivo in presenza. Tutto ad un tratto le pratiche tradizionali sono divenute impossibili o molto difficili da applicare. I medici e le strutture pubbliche hanno cercato di tamponare e sono proliferati modalità alternative di consulto e di refertazione e prescrizioni medica, alcune organizzate secondo rigidi protocolli, altri frutto di necessarie improvvisazioni emergenziali.
La regolamentazione da parte delle regioni – sostiene C&P – si è agito in ordine sparso da parte delle singole regioni. Si è visto da più parti la necessità allora di ridefinire, quanto già indicato nelle linee guida del 2014, a livello regolatorio in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. E ancora: le ‘indicazioni’ approvate dalla Conferenza Stato-regioni vanno in questa direzione, in quanto offrono un quadro organico ed univoco degli strumenti che la telemedicina oggi può disporre per il Ssn regionale, sia in termini definitori, sia in termini organizzativi, anche relativamente al sistema della remunerazione, del tariffario e delle prescrizioni e della rendicontazione, disponendo di stringenti previsioni in merito alle modalità di trattamento dei dati sanitari attraverso gli strumenti tecnologici della telemedicina.
Quanto fatto nelle intenzioni risulta essere un passo importante perché pone l’attenzione sulla circostanza che ogni prestazione medica effettuata attraverso gli strumenti informatici rientranti in quelli previsti dalle “Indicazioni” dovrà essere considerata, sotto tutti gli aspetti professionali, etici, economici, certificativi, analoga alla prestazione effettuata “in presenza”.
Tanto comporta, sul piano dell’esecuzione della prestazione, un impegno del medico e del sanitario non medico identico ed impegna la struttura ad operare una profonda riorganizzazione sia di implementazione di strutture tecnologiche sicure, efficienti e protette per tutelare l’efficienza del servizio erogato, la salvaguardia della sicurezza dei dati trattati, l’incorruttibilità delle informazioni veicolate e archiviate, la certezza della refertazione e la continuità dell’erogazione e la corretta informazione del paziente.
C’è bisogno di ridefinire, ad esempio, i sistemi di prenotazione Cup, in quanto chiamati a gestire con efficienza sia la prenotazione delle prestazioni tradizionali che quelle a distanza, di ridefinire i modelli di rendicontazione delle attività erogate a distanza e di gestire il flusso informativo Dema e della specialistica ambulatoriale con sistemi interoperabili a livello regionale, interregionale e nazionale. Un ruolo importate come può facilmente evincersi lo avranno i fornitori degli strumenti tecnologici. Le piattaforme tecnologiche rientrano a tutti gli effetti nell’ambito dei dispositivi medici e devono (e questo già da ora) essere autorizzati dal ministero della Salute e rispettare le previsioni normative con particolare riferimento al D. Lgs. 46/97 in materia di dispositivi medici e della normativa comunitaria di riferimento. Altra problematica – conclude la nota – è quella di creare strumenti proprietari ovvero utilizzare sistemi che operano su framework dei soliti ‘big’ dell’informatica, ai quali demandare la sicurezza informatica, imponendo stringenti limiti alla gestione dei dati sanitari.