Oms: “Mascherine in spazi pubblici dove non c’è distanza” 

Il ministro della Salute Roberto Speranza lo ha comunicato al Parlamento: “Nel Dpcm che ci accingiamo ad adottare valutiamo l’estensione dell’obbligo delle mascherine anche all’aperto. Sono il primo strumento essenziale quando si incontrano persone con cui non si convive”, ha sottolineato. Mentre nel Paese si assiste alla risalita dei positivi a Sars-CoV-2, alcune regioni si sono già portate avanti riabilitando l’uso della protezione facciale anche ‘en plein air’. Una misura utile? Per l’Organizzazione mondiale della sanità il discorso è più complesso: le mascherine da sole non ci salveranno, è il messaggio. L’Organizzazione dunque raccomanda “di indossare le mascherine negli spazi pubblici in cui è impossibile distanziarsi fisicamente”.  

Lo ha spiegato un portavoce dell’agenzia Onu all’Adnkronos Salute. Inoltre serve “un pacchetto completo di misure di prevenzione”. Alla domanda sull’utilità della misura, il portavoce ricorda cosa prevede una delle guide emanate dall’Oms ad hoc per l’era Covid che stiamo attraversando: “La guida – ricorda l’esperto – raccomanda di indossare le mascherine negli spazi pubblici in cui è impossibile distanziarsi fisicamente”.  

Ma, “indipendentemente dal contesto in cui vengono indossate, le mascherine da sole non ci proteggeranno da Covid-19 – ripete – Fanno parte di un pacchetto completo di misure di prevenzione e controllo delle infezioni che includono l’igiene delle mani, ‘l’etichetta’ per la tosse e gli starnuti e il distanziamento fisico”. Come ha ribadito anche Speranza nel suo intervento, ricordando le tre regole fondamentali anti contagio (mascherine, distanza sociale e igiene delle mani) e citando fra le misure da rafforzare proprio quella del distanziamento, con controlli anti assembramenti.  

“Si raccomanda inoltre che le mosse per adeguare le misure di salute pubblica allo specifico contesto in cui devono essere applicate siano implementate al livello amministrativo più basso”, in modo che possano essere rimodulate sulla base di criteri specifici, ‘su misura’, basati sulla trasmissione del virus in quell’area, e “cosa importante, sull’accettabilità e fattibilità a livello di comunità locale”, conclude il portavoce. 

Che si parli di scuole, di stadi e di contagi nel mondo del pallone, o si rifletta sulle parole del primo ministro britannico, Boris Johnson – che ha risposto a chi gli proponeva un paragone con i risultati italiani definendo il Regno Unito “un Paese che ama la libertà” – c’è un filo che lega i tanti dibattiti: è una domanda nascosta in ogni polemica degli ultimi giorni. Qual è la ricetta migliore contro Covid-19? Vince la salute o l’economia? Per l’Organizzazione mondiale della sanità “non esiste un approccio ‘taglia unica’ – fa sapere il portavoce Oms – ma il controllo della diffusione di questa malattia è possibile ovunque”.  

La riflessione riguarda più fronti aperti. Per l’Oms la chiave è proprio questa: “Per avere successo, la strategia di un Paese per frenare Covid-19 deve essere adattata al contesto locale, dovrà essere sia scientificamente valida che culturalmente accettabile”. Culturalmente accettabile, ed è su questo terreno che si gioca la sfida più grande: possiamo bilanciare la necessità di libertà con le misure di contenimento dei virus? “Tutti i Paesi – osserva l’Oms – si trovano ad affrontare un delicato equilibrio tra la protezione della salute dei propri cittadini e la riduzione al minimo dei danni sociali ed economici. Non possiamo perdere di vista i gravi aspetti economici e di salute mentale di questa pandemia. Sappiamo che molte persone stanno vivendo una stanchezza da emergenza, molte non sono in grado di seguire le misure, molte persone hanno visto i propri mezzi di sussistenza profondamente colpiti”.