In Italia nel 2040 si stima che le diagnosi di Alzheimer arriveranno a toccare quota 2,5 milioni. Un impatto importante per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e un campanello d’allarme, che deve spingere a “innovare con urgenza le politiche sanitarie, definire strumenti di misurazione degli interventi e disporre di dati, e quindi di sistemi di rilevazione omogenei sul territorio nazionale, per far fronte al grande numero di persone con demenza tra la popolazione italiana”. E’ l’appello che emerge dal tavolo ‘Tienilo a mente. Come non disperdere le risorse destinate alle persone con demenza e ai loro caregiver’, promosso da Inrete, con il contributo non condizionante di Roche Italia. Un appuntamento che, in occasione della Giornata mondiale dell’Alzheimer, ha reso possibile il confronto tra istituzioni, clinici, associazioni di pazienti ed esperti della società civile.
Covid-19 – evidenziano i promotori – ha contribuito ad accendere un faro su una famiglia di patologie, di cui l’Alzheimer rappresenta solo l’espressione più nota, sempre più diffuse e non solo tra gli anziani. “Negli ultimi anni numerose sono state le iniziative del ministero della Salute a sostegno e tutela dei pazienti affetti da demenza – commenta il sottosegretario di Stato alla Salute Andrea Costa – malattia che a oggi in Italia colpisce oltre 1,2 milioni di concittadini, con più del 60% dei casi rappresentato dall’Alzheimer. Nella Legge di Bilancio 2021 è stato istituito nello stato di previsione del ministero della Salute il Fondo per l’Alzheimer e le demenze, con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023. L’obiettivo dello stanziamento consiste nel migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza, e garantire la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone con Alzheimer”.
“Il fondo – prosegue Costa – è destinato al finanziamento delle linee di azione previste dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano in applicazione del Piano nazionale demenze, nonché al finanziamento di investimenti effettuati dalle Regioni e dalle Pa anche mediante l’acquisto di apparecchiature sanitarie, volto al potenziamento della diagnosi precoce, del trattamento e del monitoraggio dei pazienti con tale malattia, al fine di migliorarne il processo di presa in carico. Una risposta importante e necessaria per i soggetti fragili e le loro famiglie”.
La sola malattia di Alzheimer colpisce nel nostro Paese circa 600mila italiani, sottolineano gli esperti. E’ stato stimato – ricordano – che il costo medio annuo per paziente, comprensivo dei costi diretti e indiretti, sia familiari sia a carico del sistema sanitario nazionale e della collettività, è pari a 70.587 euro, cifra che, moltiplicata per la quota attuale di malati, si traduce in oltre 42 miliardi. Questi numeri potrebbero però sottostimare la dimensione del problema, come emerge dalla più recente fotografia della malattia nel contesto italiano, elaborata da Edra nella pubblicazione ‘La gestione del paziente con malattia di Alzheimer: dal sospetto alla diagnosi precoce fino all’assistenza integrata’.
Le demenze rappresentano una delle maggiori sfide per il sistema sanitario e sociale del nostro Paese – proseguono i protagonisti del tavolo – e richiedono l’implementazione di modelli omogenei e integrati di presa in carico, oltre a una riorganizzazione dei percorsi assistenziali. Al centro della discussione politica c’è lo schema di decreto del ministro della Salute, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, relativo al riparto dei fondi per l’Alzheimer e le demenze. Una bozza pronta per essere discussa in Conferenza delle Regioni, che definisce le modalità del riparto dei 15 milioni di euro stanziati con la legge di Bilancio 2021.
Ma come intervenire per arginare una spesa destinata a esplodere in virtù dell’aumento delle diagnosi? “Porre diagnosi di Alzheimer molto prima che si sviluppino i primi segnali tipici della malattia è una delle maggiori sfide che attendono i sistemi sanitari del domani – afferma Alessandro Padovani, direttore della Clinica neurologica dell’università degli Studi di Brescia – Una diagnosi precoce assicura la possibilità di una presa in carico tempestiva e quindi un potenziale ritardo della progressione della malattia, con conseguente ottimizzazione delle risorse sanitarie e con un minor impatto sociale. Ecco perché è importante che la ricerca scientifica non si fermi e che si creino, oggi, le basi per la sostenibilità dei nuovi trattamenti che arriveranno in futuro”.
Le demenze rappresentano patologie a elevato impatto anche sociale, continuano gli esperti. Circa 3 milioni di cittadini, nel loro compito giornaliero di caregiver familiari, sono direttamente o indirettamente coinvolti nell’assistenza dei loro cari. L’analisi dei costi connessi alla sola malattia di Alzheimer conferma quanto oneroso risulti il carico non solo psicologico e sociale, ma anche economico che grava sulle famiglie per far fronte alle esigenze del malato. Basti pensare che i finanziamenti sono attualmente 10-12 volte minori rispetto a quelli stanziati per l’area dell’oncologia, a dispetto di due elementi: costi sociali doppi rispetto a quelli sostenuti per il cancro, e numero di pazienti colpiti di gran lunga superiore a quello dei pazienti che ogni anno decedono per patologie tumorali maligne.
Il tema dei costi dell’assistenza assume un ruolo di primo piano, anche alla luce del progressivo aumento del numero delle diagnosi. Su questo fronte, come su quello relativo alla ricerca e alle terapie, un primo segnale positivo arriva appunto dal Fondo di 15 milioni di euro stanziato dalla Legge di Bilancio 2020 per le demenze e per l’Alzheimer. Ma quali sono le principali azioni da implementare grazie a queste risorse? “Le priorità – indica Nicola Vanacore, responsabile Osservatorio nazionale demenze dell’Istituto superiore di sanità – sono a nostro avviso quelle di rivedere l’organizzazione dei servizi dedicati alle demenze (Cdcd-Centri per i disturbi cognitivi e le demenze, Centri diurni e Rsa) e concentrare le azioni sul tema della prevenzione, della diagnosi precoce e tempestiva, sulla telemedicina e tele-riabilitazione, nonché sui trattamenti psico-educazionali, cognitivi e psicosociali”.
“Inoltre – aggiunge – è urgente redigere per tutti i professionisti socio-sanitari una Linea guida sulla diagnosi e trattamento della demenza, nonché adottare una cartella clinica informatizzata tra tutti i Cdcd in previsione di creare un sistema informativo dedicato alla demenza. E’ dunque importante aggiornare il Piano nazionale delle demenze vigente. L’insieme di queste attività sono incluse nel Fondo demenze in corso di approvazione”.
“Il Fondo rappresenta la più importante azione di sanità pubblica mai condotta nel nostro Paese, e prevede un impegno e una collaborazione molto intensa tra tutte le istituzioni centrali (ministero della Salute e Iss) e regionali”, rimarca Vanacore.
Collaborazione che passa anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni di pazienti, il cui contributo è fondamentale non solo per le persone con demenza, ma anche per il caregiver. Una figura essenziale nel percorso di assistenza, che mediamente dedica 4,4 ore al giorno all’assistenza diretta e 10,8 ore alla sorveglianza. Tuttavia – notano gli esperti – il sostegno alle famiglie sugli aspetti burocratici quali la conoscenza e applicazione della legge 219 del 2017, o l’applicazione dell’Istituto dell’amministratore di sostegno (Ads), è ancora scarso. Le associazioni di pazienti diventano fondamentali per aiutare le famiglie a orientarsi nelle disposizioni di legge, nelle normative e nei passaggi burocratici.
“La demenza è una condizione complessa e altrettanto complesse e personalizzate devono essere le risposte che il nostro sistema sanitario e di welfare deve dare – suggerisce Mario Possenti, segretario generale Federazione Alzheimer Italia – Creazione di una rete assistenziale uniforme sul territorio italiano, lotta allo stigma, costituzione di iniziative ‘dementia friendly’ e supporto ai caregiver sono solo alcune delle priorità non differibili”.