La possibilità di una terza ondata di Covid-19 a gennaio 2021 “è assolutamente nella natura della pandemia, ma sta a noi bloccarla e renderla in una dimensione accettabile. Ma se dopo le misure restrittive ci rilassiamo, sarà tutto più difficile. Abbiamo 1 milione di italiani che si sono contagiati, quando arriverà il vaccino dobbiamo pensare che passerà circa 1 mese e mezzo, tra prima e seconda dose, prima che inizi a proteggerci. Avremo molto da lavorare fino alla prossima primavera e dovremmo convivere con il virus per tutto l’anno prossimo”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Stefania Salmaso, epidemiologia delle malattie infettive che ha diretto il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della Salute dell’Istituto superiore di sanità (Iss) fino al 2015, facendo il punto della situazione epidemiologica in Italia.
“Nelle ultime settimane stiamo assistendo a una leggera decrescita, abbastanza ridotta e lenta, dell’incidenza di nuovi casi – osserva l’esperta – Una decrescita legata solamente alle restrizioni imposte dagli ultimi provvedimenti del Governo. Queste misure hanno fatto sì che nel Paese si siano ridotte le possibilità di contatto e conseguentemente anche le occasioni per essere contagiati. Non siamo affatto in una zona di sicurezza, ci sono molti positivi che circolano e questo aumenta il rischio, se abbassiamo la guardia nella nostra socialità, di incontrare una persona infetta”.
Pensare di allentare le restrizioni nella circolazione o di modificare le zone di rischio tra Regioni prima del Natale “potrebbe portare a un peggioramento rapidissimo dei contagi – avverte Salmaso – Vediamo cosa è accaduto in Usa con il ‘Thanksgiving Day’ a novembre: dopo 10 giorni c’è stato un picco di casi. Ecco, direi di non replicare in Italia questa imprudenza”.
“Il nostro Natale è caratterizzato nel riunire diverse generazioni sotto lo stesso tetto e purtroppo questo è un rischio che oggi non ci possiamo permettere – sottolinea l’epidemiologa – Abbiamo visto in un report dell’Associazione italiana di epidemiologia come l’età media” degli infettati “stia crescendo in tutte le Regioni e” l’epidemia stia “interessando sempre di più le persone anziane. Siamo passati dai giovani adulti (14-24) colpiti nella prima fase precedente alle misure dei Dpcm, ai più anziani quando si è intervenuti sulle limitazioni della socializzazione che hanno investito la fascia più giovane della popolazione. Dopo l’età media è salita e vediamo che l’infezione è purtroppo entrata nei nuclei famigliari o nelle case di riposo. Così – conclude – si alza di molto il tributo in vite umane”.