I numeri “ci dicono, senza equivoco e senza fraintendimenti, che il sistema di tracciamento sta andando in affanno, specie in alcune zone. Bisognava potenziare i servizi territoriali, e ben poco è stato fatto”. Lo evidenzia Paolo Spada, chirurgo vascolare all’Humanitas Research Hospital, che fa il punto, nella rubrica ‘Numeri in pillole’ sulla pagina Facebook ‘Pillole di ottimismo’, sulla situazione in Italia dopo il “salto in avanti dei casi. Ne vedremo altri nei prossimi giorni, quindi lo ripetiamo: aspettiamocelo, abituiamoci per quanto possibile”.
Secondo l’esperto, “tre azioni possono aiutare molto, e subito. Innanzitutto, sostituire il criterio del doppio tampone negativo per la dichiarazione di guarigione dei positivi con il criterio clinico dell’Oms: bastano 10 giorni, più 3 senza sintomi, senza altri tamponi di controllo, che servono altrove”. La seconda cosa da fare è “ridurre il periodo di quarantena dei contatti da 14 a 10 giorni: l’incubazione dura mediamente 5 giorni – spiega – se non vi sono segni di malattia a 10 giorni le garanzie sono già più che sufficienti”. E poi “introdurre estesamente l’utilizzo dei test rapidi. Hanno sensibilità minore, ma più che sufficiente a rilevare i casi nel periodo di contagiosità; ne abbiamo avuti fin troppi di positivi riscontrati a malattia già superata: ci vuole concretezza, adesso”, sottolinea Spada.
“Queste tre misure – commenta – sono ampiamente supportate dalle evidenze scientifiche e più che ragionevoli, nelle condizioni in cui ci troviamo e ci troveremo nelle prossime settimane. Serve coraggio. Non abbiamo più bisogno di pavidi atteggiamenti difensivistici. E serve velocità di decisione: la burocrazia deve adattarsi ai tempi della biologia. E’ in gioco la tenuta del sistema, sia quello sanitario che quello economico e sociale”.
“Una seconda serie di azioni – prosegue Spada – riguarda tutti noi. Sulle mascherine, il distanziamento, e l’igiene delle mani sappiamo, e siamo tutti allineati. Che ci sia ancora qualcuno che si ostina a negarne l’utilità non mi sorprende: ma sono una piccola minoranza, e dovranno adeguarsi loro, che gli piaccia o no”. L’esperto richiama l’attenzione sulle “altre occasioni di contagio che ‘bucano’ la rete della nostra protezione: incontri tra amici, cene, ritrovi, ma anche contatti di lavoro, occasioni che ci paiono abituali e innocenti. Facciamo attenzione, perché questo è il momento in cui ci giochiamo la possibilità di mantenere bassa la curva del contagio, e liberi gli ospedali. Possiamo farlo, ma serve davvero attenzione, stavolta”.