“Finora, dal 24 marzo, abbiamo trattato 350 pazienti (180 donne e 170 uomini) con gli anticorpi neutralizzanti monoclonali anti Sars-CoV-2, 140 dei quali solo dal primo novembre ad oggi: nell’ultimo mese e mezzo, in piena quarta ondata, soprattutto persone non vaccinate che, affette da più patologie, temevano che il vaccino rappresentasse un pericolo per il già fragile equilibrio. Grazie a queste terapie è stato evitato loro il ricovero, di conseguenza abbiamo sempre disponibilità di posti letto, il che non è assolutamente scontato”. Così Silvia Magnani, infettivologa, responsabile della struttura semplice di Malattie infettive dell’ospedale regionale di Aosta, racconta la sua esperienza con gli anticorpi monoclonali, trattamento terapeutico contro il Sars-Cov-2, in uso dal marzo 2021.
“In principio – ricorda Magnani – i pazienti erano quasi tutti non vaccinati (allora eravamo all’inizio della campagna di immunizzazione contro il Covid), soggetti molto fragili, tra cui trapiantati, immunodepressi e comunque con molte comorbidità. Solo per alcuni di loro, è stato necessario il ricovero, sebbene abbiano ottenuto un aiuto dai monoclonali. Nessuno di questi pazienti trattati, però, è andato incontro a morte, nonostante in quel periodo fossero meno protetti. Nel tempo la situazione è cambiata, in meglio. Da giugno, infatti, non abbiamo avuto necessità di prescrivere dell’ossigeno a domicilio, il quadro clinico dei pazienti era sempre meno complicato anche perché i criteri di inclusione al trattamento sono variati. Oggi il paziente tipo si è sottoposto almeno a due dosi di vaccino anti Covid, spesso non ha ancora fatto il booster, e ha un’età media di 64 anni”.
La cosa fondamentale, per l’infettivologa, è “intervenire con tempestività”. “L’organizzazione del nostro ospedale – ancora Magnani – si avvale di un lavoro di squadra che da noi è possibile perché siamo poco numerosi: abbiamo una sola azienda sanitaria, una sola centrale del soccorso, due Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), quindi una centralizzazione delle risorse facilitata anche dai numeri. Tuttavia, il nostro è un territorio difficile perché le valli sono lontane dall’ospedale. Per questo motivo, fondamentale è la tempestività della segnalazione grazie all’esecuzione di un tampone antigenico di terza generazione o di un tampone molecolare. Nelle valli decentrate, invece, le persone possono fare il tampone nelle farmacie che, però, è di seconda generazione e non permette la prescrizione Aifa al trattamento. All’ospedale ci arriva la segnalazione dai medici dell’Usca ma il più delle volte occorre la conferma con un test molecolare, prassi che fa perdere generalmente 24 ore”.
“Abbiamo informato la popolazione – sottolinea Magnani – quindi il paziente con fattori di rischio e un tampone positivo sa che deve contattare immediatamente il medico curante o l’Usca per segnalare la sua positività. Tutti i dati dei tamponi effettuati vengono registrati, per cui l’Usca ogni giorno ha i nomi dei nuovi positivi, studia la situazione e tutte le sere invia al nostro reparto un resoconto con le persone candidate al trattamento con i monoclonali. Noi valutiamo la candidatura e mandiamo il 118 a domicilio per effettuare il tampone molecolare oppure si studia la possibilità che i soggetti positivi si muovano in auto e vadano al drive-in. Una volta ottenuti i risultati dei tamponi molecolari, li segnaliamo ogni sera alla nostra Biologia molecolare. Per i pazienti che secondo noi sono candidati alla terapia chiediamo che i loro tamponi vengano processati con alta priorità. In breve tempo, così, riusciamo a definire chi potrà sottoporsi al trattamento nei giorni immediatamente successivi”.
Con preoccupazione l’esperta guarda alla variante Omicron: “A gennaio prevediamo il picco dei contagi dovuti alla variante sudafricana. Omicron, nonostante sembri dare solo problemi ai bronchi e non ai polmoni, infetta più delle altre varianti. La contagiosità è simile a quella del morbillo, una persona con morbillo ne infetta 13: stiamo parlando di numeri importanti che inevitabilmente aumenteranno in questo periodo di feste con maggiori spostamenti, cenoni e pranzi. Per affrontare Omicron siamo pronti, utilizzeremo maggiormente sotrovimab, nuova arma efficace che abbiamo a disposizione contro la nuova mutazione del virus. Per ora abbiamo poche dosi di sotrovimab, per cui dovremo usarlo con accortezza” conclude Magnani.