Il Tar della Sardegna ha accolto il ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri per la parte dell’ordinanza dello scorso 11 settembre del presidente della Regione, Christian Solinas, che prevede tamponi e test di negatività a Covid-19 per l’ingresso nell’Isola. I giudici hanno confermato che le misure dei Dpcm, già emanate e in costante aggiornamento, non possono essere modificate da disposizioni regionali. Da oggi entra comunque in vigore la nuova ordinanza del governatore sardo, che ha confermato gli stessi articoli sui test in ingresso prima sospesi e ora bocciati dal Tribunale amministrativo.
Per i cittadini provenienti da Stati esteri sono in vigore “diverse disposizioni per contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19 sul territorio nazionale, prevedendo il divieto di ingresso in Italia da alcuni paesi ad alto rischio e controlli obbligatori per i soggetti provenienti da alcuni altri paesi, con misure in costante aggiornamento”, mentre per i cittadini italiani provenienti da altre regioni le prescrizioni imposte dall’ordinanza della Regione Sardegna dello scorso 11 settembre, “determinano il coinvolgimento di diritti ed interessi anche di soggetti appartenenti a regioni diverse ed incidono anche sulle strutture sanitarie di regioni diverse a loro volta impegnate nelle azioni di prevenzione e contenimento nella diffusione del virus”. Così il Tar Sardegna si è pronunciato stamane accogliendo il ricorso.
“Anche per tali ragioni -scrivono i giudici amministrativi – non possono ritenersi legittime le disposizioni impugnate che sono state emanate senza tenere conto della distribuzione delle funzioni operante in materia, tenuto conto del carattere nazionale (e sovranazionale) della emergenza da Covid 19, distribuzione delle funzioni che risulta coerente con le disposizioni di rango costituzionale che regolano la distribuzione delle competenze fra gli organi dello Stato e le Regioni ed è ispirata ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché al principio pure costituzionale di leale collaborazione”.
Il decreto del Tar di fatto conferma già scritto dal giudice monocratico che il 17 settembre scorso ha concesso la sospensiva di una parte dell’ordinanza: gli articoli che prevedono tamponi e test sono “da ritenersi effettivamente limitative della circolazione delle persone tenuto conto che, oltre a prevedere per tutti coloro che, anche in assenza di sintomi della malattia, intendono fare ingresso nel territorio regionale la presentazione, all’atto dell’imbarco, dell’esito di un test (sierologico o molecolare o antigenico rapido), effettuato nelle 48 ore precedenti, costringono coloro che non avessero effettuato preventivamente il test ad effettuarlo, a mezzo di tampone, entro 48 ore dall’ingresso nel territorio regionale, in strutture pubbliche o private accreditate presenti nella regione, prevedendo per gli stessi “l’isolamento domiciliare”, fino all’esito negativo degli stessi esami e salvo ulteriori diverse disposizioni dell’Azienda sanitaria competente”.
Disposizioni che “inciderebbero sulla libera circolazione delle persone”, quindi su un diritto costituzionalmente garantito. L’aggravamento del rischio sanitario, poi, “non sembra comunque di tale rilevanza da giustificare l’adozione di una misura che incide sulla libera circolazione delle persone ed interviene solo pochi giorni dopo l’adozione dell’ultimo D.P.C.M. (da ieri penultimo), che già ha tenuto conto dell’evolversi in tutte le regioni dell’epidemia in corso”.
Anche gli ulteriori elementi presentati dall’ufficio legale della Regione, “trattandosi di circostanze in buona parte successive, non sono tali da poter incidere sulle valutazioni già compiute da questo TAR sulla legittimità delle contestate disposizioni”, concludono i giudici.