Come effettuare il triage in un paziente a elevato sospetto Covid-19? Quali caratteristiche deve avere per essere curato a casa? Come gestire un paziente a domicilio? Qual è il ruolo dei test diagnostici (tampone e sierologici): quando e quali effettuare? Sono solo alcuni temi contenuti nel primo documento di indirizzo per la gestione della malattia da Covid-19, frutto della collaborazione tra Aipo-Its (Associazione italiana pneumologi ospedalieri – Italian Thoracic Society) e Metis (Società scientifica dei medici di medicina generale), in cui ampio spazio è stato dedicato proprio al monitoraggio del paziente a domicilio e agli approcci di gestione ospedale/territorio. Obiettivo: fornire ai professionisti sanitari algoritmi diagnostico-terapeutici semplici e facilmente attuabili per la gestione dei pazienti.
“Il 96% delle persone che hanno contratto il virus viene seguito sul territorio – afferma Paolo Misericordia, responsabile Centro studi Fimmg e segretario Fimmg di Fermo – la maggior parte sono asintomatici o paucisintomatici, circa il 20% presenta una forma moderata o grave della malattia. Di questo 20%, il 15% necessita di un ricovero, ma complessivamente il tasso di ospedalizzazione in Italia è al 4,6%. Questi dati ci dicono una cosa: Covid-19 è una patologia che viene gestita sul territorio, nelle forme moderate così come in quelle gravi, senza necessariamente andare al pronto soccorso. Purtroppo, l’idea che Covid-19 fosse un problema ospedaliero ha comportato, in particolare durante la scorsa estate, investimenti unicamente sulle terapie intensive. Ecco, se si fosse fatto uno sforzo analogamente significativo per la medicina di territorio, dove si vince o si perde questa battaglia, probabilmente saremmo stati più efficaci nel gestire l’emergenza sanitaria”.
Come seguire un paziente a domicilio e in sicurezza? “Lo studio ha dato ampio spazio al trattamento domiciliare dei pazienti Covid – sottolinea Adriano Vaghi, presidente degli pneumologi ospedalieri – un trattamento che necessita di alcune condizioni indispensabili. Ad esempio, dei locali adatti dove isolare il paziente per il periodo stabilito, 10 giorni secondo le linee guida contenute nell’ultima circolare ministeriale. L’isolamento è previsto fino alla guarigione clinica con ripetizione del test molecolare Sars-CoV-2. Certamente non possiamo isolare il paziente in un monolocale assieme ad altre persone. Inoltre, dobbiamo individuare un solo caregiver, una persona che lo accudisca e che sia anche in grado di autovalutazione in caso di comparsa di segni/sintomi di malattia”.
Per Vaghi il paziente a domicilio “deve essere attentamente monitorizzato mediante il rilievo dei parametri vitali: misurazione della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria 4 volte al giorno, valutazione della saturazione 4 volte al giorno e misurazione della temperatura corporea 2 volte al giorno”.
Se il paziente, per tutti i 10 giorni del decorso, “mantiene questi parametri in range di normalità può stare tranquillo – assicura Vaghi – ha il suo feedback con il medico di base a cui comunica questi valori ed è in una condizione in cui non ha bisogno di recarsi in ospedale. Inoltre, i medici di base utilizzano frequentemente dei questionari che possono essere estremamente utili come il Mews (Modified Early Warning Score): un questionario che utilizza dei dati numerici in cui vengono inseriti alcuni elementi che definiscono la criticità del paziente, come la frequenza respiratoria superiore o meno a 16, la frequenza cardiaca, la pressione sistolica, il livello di coscienza e la temperatura. Se il paziente ha un Mews tra 0 e 2 il medico di base e il suo assistito possono essere relativamente tranquilli. Se invece l’insieme dei parametri supera i 3 Mews, occorre inviare il paziente in ospedalizzazione o richiamare una visita domiciliare da parte dell’Unità semplice di continuità assistenziale (Usca). Infine, se il Mews supera il 4 o il 5 occorre l’intervento del 118 per un eventuale ricovero”.
“Abbiamo gli strumenti per monitorizzare il paziente a domicilio in estrema sicurezza – tiene a precisare il presidente di Aipo – Un ausilio ulteriore e importante è rappresentato dal saturimetro e dalla stabilità della saturimetria. La corsa in pronto soccorso spesso è inappropriata, ma occorre un buon percorso di continuità delle cure e un buon link tra lo specialista, l’ospedale e il medico di medicina generale nell’interessa del paziente”.
“Sul campo – prosegue Misericordia – abbiamo capito che, se il paziente viene trattato in maniera efficace e tempestiva, e con precise strategie terapeutiche, la prognosi della malattia migliora rapidamente. Non a caso, si sono progressivamente ridotti il numero dei ricoveri in ospedale e il numero dei pazienti in terapia intensiva. In questo documento abbiamo riportato le indicazioni della prima ora: triage telefonico, cercare di capire la gravità del paziente attraverso questionari specifici rivolti allo stesso; far capire al paziente l’importanza di dotarsi di un saturimetro. Con questo documento abbiamo cercato di codificare una modalità di accesso alle condizioni del paziente da remoto”.
“Il documento rappresenta una novità nel panorama scientifico e organizzativo italiano – conclude Vaghi – Infatti, la risposta alla pandemia da parte dei diversi attori del Servizio sanitario nazionale, pur avvenuta con il massimo sforzo e con il massimo senso di abnegazione, non sempre è stata coordinata in un progetto unitario. Criticità che, ovviamente, il documento tende in parte a colmare. Si sono precisati gli ambiti di azione del medico di base dell’assistenza ospedaliera e le loro interazioni. Ad esempio: come controllare il paziente a domicilio? Fino a quando può restare in casa e in sicurezza? Quando è necessario, invece, trasferire il paziente in ospedale o chiedere una consulenza del medico di base, dell’Usca o di uno specialista? Molti pazienti con sintomi compatibili con l’infezione o con Covid-19, dimostrato da un tampone nasofaringeo, si sono rivolti in ospedale benché asintomatici e senza i criteri dell’ospedalizzazione, perché non si sono sentiti seguiti e assistiti sufficientemente a domicilio. Quindi la definizione di algoritmi decisionali condivisi e proposti nel documento è fondamentale per migliorare l’appropriatezza del trattamento domiciliare e del trattamento ospedaliero”.