(Adnkronos) – Sono tanti gli studi che hanno dimostrato come il microbiota abbia un ruolo importante nella risposta immunitaria contro le malattie e, in particolare, contro le infezioni respiratorie come Covid e influenza. Nel libro ‘Il segreto della salute’ (Armando Curcio Editore) l’immunologo Mauro Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina personalizzata, insieme a medici e ricercatori esplora e spiega il grande potenziale del microbiota umano che se sano e ‘in forma’ può essere un aiuto nella lotta al Covid e all’influenza.
“La principale comunità microbica ‘commensale’ – spiega Minelli all’Adnkronos Salute – si trova nell’intestino che, dotato della più estesa superficie mucosa dell’organismo, ospita al suo interno miliardi di microrganismi. Il microbiota intestinale, per effetto della sua composizione e dei suoi prodotti metabolici e immunogenici, influenza la fisiologia dell’ospite, la permeabilità della barriera intestinale e lo stato infiammatorio. A loro volta, la fisiologia dell’ospite, la funzionalità della barriera intestinale e il sistema immunitario sono considerati fattori importanti per modellare la composizione del microbiota”.
“La popolazione microbica intestinale interagisce con l’ospite, semmai slatentizzando alcuni caratteri genetici ma anche modulando le principali vie di segnalazione come quella immunitaria, metabolica, neurologica, endocrina – osserva l’immunologo. E proprio queste vie di segnalazione contribuiscono a creare un vero e proprio asse ‘intestino-organo’ (cervello, fegato, polmone, reni, ecc.) con il microbiota che gioca un ruolo chiave e l’intestino inteso come hub di questo network. Ed infatti, il ruolo regolatore del microbiota intestinale non è limitato all’intestino, ma raggiunge anche organi distanti”. “Oggi – ricorda Minelli – la messa a punto di nuovi metodi d’analisi del microbiota intestinale, grazie a tecniche di diagnostica molecolare, ne hanno permesso una caratterizzazione dettagliata e completa e, conseguentemente, un’eventuale correzione pianificata attraverso strategie” ad hoc.
“Nel caso dei virus dell’influenza, per esempio, potendo contare su un microbiota intestinale sano e in equilibrio accade che i virus, entrando nell’organismo da loro infettato, debbano vedersela con una agguerrita popolazione di batteri ‘commensali’ capaci di esercitare un validissimo ‘effetto scudo’ – spiega Minelli -. E’ grazie a questo scudo protettivo che le comunità microbiche intestinali, oltre a bloccare i virus aggressori e ad alterare la loro replicazione, attivano il sistema immunitario attraverso una ricca batteria di metaboliti ‘buoni’ da loro prodotti. D’altro canto non può essere un caso se gli anziani risultano molto più sensibili alle infezioni, in quanto con l’avanzare dell’età anche il microbiota va incontro a fisiologici processi di alterazione e patologica involuzione”.
Ma quali sono gli equilibri batterici intestinali che dovremmo cercare di raggiungere per poterci garantire un invecchiamento attivo? “Nei soggetti molto longevi – spiega Minelli – è stato già da tempo rilevato un target identificativo abbastanza caratteristico, basato su un’abbondanza relativa di Bifidobatteri e Akkermansia, quasi fosse una specie di ‘impronta’ associata a un microbiota capace di promuovere la salute e contribuire al raggiungimento dei limiti estremi dell’aspettativa di vita umana. Più di recente, un’attenzione particolare è stata anche riservata, in ragione di una loro abbondanza nelle persone centenarie, a batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, componente del microbiota che parrebbe essere maggiormente influenzata dal corredo genetico dell’ospite”.
“Certo – osserva l’immunologo – al momento, non è facile capire se le specifiche peculiarità della flora batterica delle persone più longeve siano legate ai loro pregressi stili di vita o, magari, già presenti in giovane età e così lungamente conservati ovvero si tratti di dotazioni progressivamente acquisite in un arco di tempo straordinariamente lungo e, per questo, capace di offrire opzioni più vantaggiose rispetto alla media dei viventi. Quel che si può aggiungere è che, grazie al progressivo avanzamento delle conoscenze, l’adozione di profili dietetici ben integrati e associati alla capacità di apportare benèfici cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale, sono in grado di produrre giovamenti significativi”.