Il dolore cronico benigno – malattia invalidante per il 25% della popolazione adulta – compromette la qualità della vita e le relazioni personali di 16 milioni di italiani. Tra loro, troviamo l’esercito degli emicranici. Sono infatti 6 milioni i connazionali colpiti da emicrania, secondo la Società italiana di neurologia, che il lockdown ha messo a dura prova. Giornate intere trascorse in casa per via delle misure di distanziamento sociale per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Ore davanti ai pc, perché il lavoro si è fatto smart, o di fronte a tv e videogiochi. Notti insonni, riposo a intermittenza. Un calvario per chi soffre di frequenti mal di testa, attacchi che il relax del post-quarantena potrebbe scatenare ancora di più.
“Si tratta di patologie – afferma Piero Barbanti, professore di Neurologia e direttore Unità cefalee e dolore dell’Irccs università telematica San Raffaele di Roma – che hanno un forte impatto nella vita di relazione, nel lavoro e in famiglia. Basti pensare che il 30% degli emicranici ha almeno un attacco disabilitante a settimana. Le cefalee tra l’altro compaiono spesso nella tarda nottata e nel primo mattino, riducendo la qualità del sonno. Inoltre, sono malattie non visibili, spesso considerate pretesti. Beffa che si aggiunge al danno per i pazienti, gli stessi che in piena emergenza pandemica hanno eseguito i trattamenti sperimentali per l’emicrania, sfidando il rischio Covid-19, recandosi nei centri per non interrompere le cure. Ma si tratta di un dato solo apparentemente sorprendente perché lo stress acuto, quale quello del lockdown, possiede un effetto analgesizzante. Invece, ci aspettiamo un rimbalzo dell’emicrania nella fase 3, quella attuale, visto che la cefalea colpisce passando dallo stress al relax, come ad esempio accade nei weekend e nei momenti di riposo”.
La necessità di trascorrere molte ore in casa, perché in smartworking, può accentuare o scatenare gli attacchi di emicrania? “Il lavoro agile può sovraccaricarci di stress – non ha dubbi Barbanti – sia perché a volte si lavora tecnicamente di più rispetto al lavoro tradizionale (si pensi all’affastellarsi di videoconferenze nella stessa giornata) sia perché mancando una chiara separazione tra casa e lavoro, la persona può trovarsi a gestire simultaneamente capufficio e figli. Evitare l’incremento degli attacchi di emicrania, però, è possibile. Occorre, per prima cosa, programmare pause periodiche (ogni 2-3 ore) di circa 15 minuti, garantire una idratazione ottimale, arieggiare i locali con regolarità e crearsi una postazione di lavoro idonea e confortevole”.
Cosa scatena l’emicrania? “Il mal di testa – spiega Barbanti – è una forma di protesta del cervello (o meglio delle meningi, riccamente innervate) a fronte di situazioni ambientali potenzialmente pericolose per la salute neurologica. Si pensi alla rarefazione dell’ossigeno in quota, al picco ipertensivo, all’influenza. La maggior parte dei mal di testa – le cosiddette cefalee primarie – tuttavia rappresentano una inutile protesta, essendo dimostrazione di un dolore gratuito, frutto di una tendenza spesso genetica a convertire in dolore stimoli non dolorosi ed innocui per altri. Si pensi alle variazioni climatiche o ormonali, che scatenano emicranie solo in chi sia biologicamente predisposto”.
Come evitare gli attacchi? “È consigliabile regolarizzare il ritmo sonno-veglia, evitare il digiuno, eseguire una buona prima colazione, imparare a gestire lo stress, utilizzare tecniche di rilassamento, favorire l’attività fisica aerobica (45-60 minuti al giorno, perlomeno 3 giorni a settimana). Non solo. Occorre dire addio a sedentarietà, stress, e a una alimentazione ipercalorica. Bisogna cogliere questo periodo per sviluppare strategie di resilienza allo stress quali il training autogeno e soprattutto la mindfulness, ovvero la tecnica di meditazione di origine americana utile a calmare ansia e stress”.
Le terapie “si distinguono – conclude il neurologo del San Raffaele di Roma – in cure sintomatiche e preventive. Le prime sono destinate a spegnare l’attacco una volta che insorga e includono tanto farmaci comuni come gli antinfiammatori, quanto farmaci specifici come i triptani. Esistono inoltre cure preventive, da utilizzare quando il soggetto abbia almeno 4-5 giorni al mese di emicrania invalidante, per far sì che insorgano meno attacchi. Finora abbiamo utilizzato a questo scopo farmaci antidepressivi, beta-bloccanti, antiepilettici e calcio-antagonisti, farmaci gravati da un discreto numero di effetti collaterali. Da poco sono disponibili anticorpi monoclonali superselettivi e specifici con ottima efficacia ed eccellente tollerabilità”.
Il dolore peggiore è la solitudine: per contrastare questo senso di abbandono che la concentrazione dell’informazione sul coronavirus ha generato tra le persone affette da dolore benigno e patologie reumatiche, Alfasigma, azienda leader con una forte specializzazione nelle aree di ortopedia e reumatologia, ha avviato l’iniziativa ‘Alfasigma News&service: l’informazione verificata ai tempi del Coronavirus’, che vuole trasmettere vicinanza ai pazienti e ai loro familiari con notizie utili e certificate. Alfasigma News&service tratterà, con l’aiuto di esperti, tutti quegli argomenti inerenti alle patologie reumatiche connessi a Covid-19 su cui si è riscontrata una carenza di comunicazione, mettendo il paziente nella condizione di poter essere protagonista attivo nel proprio percorso di cura e di poter migliorare la propria aderenza terapeutica.