L’uso di albumina come supporto alla tradizionale terapia anticoagulante nel trattamento delle complicanze trombotiche da Covid-19 potrebbe ridurre il rischio trombotico e la mortalità. Uno studio italiano, coordinato da Francesco Violi del dipartimento di Scienze cliniche internistiche, anestesiologiche e cardiovascolari dell’Università La Sapienza di Roma, ha iniziato la sperimentazione dell’uso di albumina nei pazienti Covid. “Nei pazienti con infezione da Sars-Cov-2 è ormai accertato l’elevato rischio legato alla formazione di trombi che possono determinare conseguenze devastanti come ostruzioni polmonari (embolie), infarto cardiaco e ictus con una frequenza più elevata di quella riscontrata nella polmonite comunitaria. Per tale ragione – sottolinea Violi – la comunità scientifica ha cercato di identificare una terapia mirata, a supporto di quelle tradizionali, per far fronte alle complicanze dovute alla formazione di trombi riducendo il ricorso alla terapia intensiva”.
Allo studio, pubblicato sulla rivista ‘Thrombosis and Haemostasis’, hanno collaborato anche Francesco Pugliese del reparto di Terapia intensiva, Claudio Maria Mastroianni e Mario Venditti, del reparto di Malattie infettive del Policlinico Umberto I, e Francesco Cipollone, dell’Università degli studi D’Annunzio di Chieti. La ricerca ha indagato se l’impiego di albumina in pazienti Covid-19 con concomitante ipoalbuminemia inibisse la coagulazione del sangue. Per una settimana, a 10 pazienti Covid-19, già in trattamento con anticoagulanti, è stata somministrata albumina endovena e si è osservata una ridotta coagulazione rispetto a quella di 20 pazienti in terapia con il solo anticoagulante.
In un precedente lavoro, il gruppo di Violi aveva osservato che i pazienti Covid-19 presentano livelli ridotti di albumina, proteina che viene prodotta dal nostro organismo e che è tra i più potenti antinfiammatori oltre a svolgere anche un’azione anticoagulante. “Questa osservazione – afferma Violi – ha fatto supporre che i bassi livelli di albumina potessero facilitare la coagulazione e dunque contrastare anche l’efficacia della terapia anticoagulante”. Partendo da queste basi, il team di ricerca è passato alla osservazione clinica degli effetti dell’infusione di albumina, ottenendo risultati incoraggianti.
“Oggi, dai primi dati preliminari, sembrerebbe che il trattamento determina una minor comparsa di eventi vascolari – conclude Violi – Seppure sia necessario un numero maggiore di pazienti per confermare questo dato preliminare, lo studio apre la strada all’uso dell’albumina in pazienti Covid-19 per valutare se la sua infusione, associata alla terapia anticoagulante classica, riduca il rischio trombotico e quindi la mortalità”.