Un distanziamento sociale di breve durata potrebbe non ridurre in modo sostanziale il numero totale di infezioni da Covid-19, se viene ‘allentato’ prima dell’introduzione di un vaccino o di terapie antivirali efficaci. Insomma, dopo i primi risultati occorre tenere duro. E’ la conclusione a cui arriva uno studio statunitense di modellistica pubblicato su ‘Pnas’, che ha esaminato anche quanto accaduto in Italia.
Prevedere la diffusione di Covid-19 è fondamentale per un’efficace politica di salute pubblica, ma si tratta di un’impresa difficile. I modelli di trasmissione della malattia possono aiutare a isolare le caratteristiche chiave della pandemia rilevanti per l’elaborazione di politiche mirate. Il team statunitense di Andrea Bertozzi ed Elisa Franco, insieme a colleghi dell’University of California a Los Angeles, presenta tre di questi modelli: un modello di crescita esponenziale, un modello di processo di ramificazione autoeccitante e un modello suscettibile agli infetti sensibili (Sir).
Negli Stati Uniti e in diversi paesi europei infezioni e decessi per Covid hanno mostrato una crescita esponenziale con tempi di raddoppio simili nelle prime fasi dell’epidemia. Uno dei modelli esaminati dai ricercatori suggerisce che all’inizio di aprile il valore di R0 (indice di contagiosità, ndr) era sceso a meno di 1 in Cina, ma è rimasto maggiore di 1 negli Stati Uniti e in Italia, con sostanziali variazioni all’interno degli States.
Secondo un altro di questi modelli, che ben si adatta ai dati per alcuni Stati Usa, la popolazione infetta dipenderebbe solo dal valore di R0, indipendentemente dalla parte di popolazione inizialmente contagiata dal virsu. Pertanto, secondo gli autori, il distanziamento sociale a breve termine potrebbe non ridurre sostanzialmente il numero totale di infezioni se viene ‘ammorbidito’ troppo presto.