L’epidemia italiana di Sars-CoV-2 è caratterizzata da una “schiacciante prevalenza del ceppo ‘europeo’ B1, arrivato in Germania da Shanghai”. E’ la principale conclusione dell’analisi di 59 nuovi genomi virali del patogeno responsabile di Covid-19, condotta da un’équipe guidata da Alessia Lai, Massimo Galli, Claudia Balotta e Gianguglielmo Zehender del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche ‘Luigi Sacco’ dell’università Statale di Milano e del Crc Episomi (Centro di ricerca coordinata Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni).
L’esame delle sequenze propone inoltre una sorta di ‘giallo scientifico’. “Un solo isolato, ottenuto da un paziente italiano residente in Veneto – riferiscono gli autori – si è rivelato appartenere al lignaggio ancestrale B, simile all’isolato giunto in Italia alla fine di gennaio per diretta importazione dalla città di Wuhan con i due turisti cinesi poi assistiti allo Spallanzani” di Roma. Il problema è che, “un po’ misteriosamente – osservano i ricercatori – il paziente non ha riferito viaggi recenti o contatti con persone provenienti dalla Cina”.
Il lavoro – non ancora pubblicato ma disponibile sulle piattaforme Medrxiv e Preprints – è frutto di un’estesa collaborazione tra il Laboratorio di Malattie infettive di UniMi e più di 10 tra centri clinici e università del Centro e Nord Italia, tra cui Bergamo, Brescia, Cremona, Milano, Padova, Ancona e Siena. Gli scienziati sottolineano che lo studio “definisce, con un numero maggiore di sequenze su un’area geografica non limitata alla Lombardia, e una temporizzazione più ampia, la dinamica evolutiva e le caratteristiche epidemiologico-molecolari del virus Sars-CoV-2 in Italia”.
Nel corso dello studio – spiegano dalla Statale di Milano – è stato possibile effettuare la caratterizzazione molecolare di 59 nuovi genomi virali ottenuti da pazienti italiani dai primi giorni dalla manifestazione dell’epidemia nel nostro Paese fino alla seconda metà di aprile, quando la curva epidemica ha iniziato a declinare. I nuovi genomi studiati, che vengono messi a disposizione della comunità scientifica nelle banche dati pubbliche, incrementano significativamente il numero delle sequenze ottenute in Italia da infezioni autoctone disponibili ad oggi.
Dall’indagine emerge quindi “la netta prevalenza in Italia di un singolo lignaggio virale (e di suoi lignaggi discendenti) ascrivibile, secondo uno dei sistemi di classificazione più largamente impiegati, al lignaggio B1 e correlabile al primo cluster europeo, che ha avuto luogo in Germania attorno al 20 gennaio ed è stato causato dalla documentata importazione di un ceppo circolante a Shanghai. La divergenza tra gli isolati B1 è risultata relativamente modesta, con differenza nucleotidica media di soli 6 nucleotidi, con alcune eccezioni”.
“Tutti i genomi ‘italiani’ – rilevano ancora gli autori – mostrano la mutazione 614G nella proteina Spike”, l”arpione’ usato da Sars-CoV-2 per attaccare le cellule bersaglio. Mutazione, questa, che “caratterizza ormai la gran parte dei genomi virali isolati in Europa e al mondo. Non solo quelli del ceppo B1, ma anche l’unico appartenente al ceppo B” trovato dagli studiosi. “La mutazione di Spike del lignaggio B – rammentano – era peraltro stata rintracciata in alcuni isolati in Thailandia, Turchia, Romania, Olanda e Israele”.
Quello chiamato in gergo tecnico “approccio filodinamico, che attraverso l’analisi della forma dell’albero filogenetico” di un microrganismo “consente di stimare il tasso di crescita esponenziale o il numero riproduttivo effettivo (Re) – riportano ancora gli scienziati – ha mostrato che il virus” Sars-CoV-2 “era già presente in Italia i primi di febbraio, anche se la crescita esponenziale si è verificata tra la fine di febbraio e la metà di marzo, quando l’Re (un parametro che indica il tasso di contagiosità, ndr) è passato da un valore iniziale prossimo a 1 a più di 2,3 e il tempo di raddoppiamento dell’epidemia si è ridotto da 5 a 3 giorni. Solo nella seconda metà di marzo l’analisi ha potuto evidenziare una lieve flessione dei valori di Re, probabilmente in relazione alla adozione delle misure di distanziamento sociale”, ipotizzano gli studiosi.
In definitiva la nuova ricerca, commentano da UniMi, “estende le osservazioni preliminari attuate nelle primissime fasi dell’epidemia a un numero di sequenze e a un periodo più ampio e permette di ipotizzare la diffusione largamente prevalente in Italia di un ceppo di Sars-CoV-2 originato verosimilmente da un’unica fonte iniziale di contagio e la sua successiva ulteriore differenziazione in sotto-lignaggi attualmente largamente diffusi in tutto il mondo”.
“Il ruolo, anche se probabilmente minoritario o marginale, sostenuto da ceppi diversi dal prevalente – precisano gli autori – merita tuttavia una più approfondita indagine su un più ampio campione, anche al fine di comprenderne l’origine e la reale diffusione in Italia”.