“Un virus muta perché si deve adattare: se non lo fa muore. Il SarS-CoV-2, che proviene molto probabilmente dai pipistrelli, si sta adattando all’uomo e quindi deve mutare per entrare nel corpo e sopravvivere. Il suo obiettivo non è quello di uccidere l’ospite, bensì quello di replicarsi al suo interno”. Lo afferma Carlo Federico Perno, Direttore del reparto di Microbiologia, Irccs ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, nella quinta e ultima testimonianza della seconda edizione di A/Way Together, il progetto di Janssen – l’azienda farmaceutica del gruppo Johnson & Johnson – che vede coinvolte 5 eccellenze dell’infettivologia italiana. Obiettivo dell’iniziativa: fare chiarezza sull’importanza che i vaccini hanno rivestito nella storia dell’uomo.
A oltre un anno dallo scoppio della pandemia da Covid-19, Perno fa il punto su cosa abbiamo imparato in merito al virus SARS-CoV-2: “Mai nella storia della medicina – sostiene l’infettivologo – siamo riusciti in questi mesi ad accumulare una mole di informazioni così ampia, variegata e ricca su un virus. Ma c’è molto da imparare e tanti aspetti su cui lavorare, perché troppi dettagli ancora ci sfuggono”.
A preoccupare esperti e opinione pubblica sono soprattutto le cosiddette varianti. Non a caso Perno si sofferma sul tema delle mutazioni. “Alcuni virus riescono ad adattarsi e replicarsi facilmente, mentre altri meno – spiega – e SarS-CoV, virus del 2003, che pure ha causato la morte di circa 8 mila persone, non si è mai completamente adattato all’uomo, con il risultato che è sparito da solo, senza bisogno di vaccino. Il SarS-CoV-2, il virus con il quale abbiamo a che fare oggi, al contrario, si adatta molto bene, come vediamo dalle cosiddette varianti”.
“Oggi – prosegue Perno – parliamo di variante brasiliana, sudafricana, inglese, ma in realtà ormai abbiamo figli e nipoti di queste varianti, perché il virus continua ad adattarsi diversamente nelle determinate aree geografiche perché la genetica delle persone fa la differenza. Non dimentichiamo – aggiunge – che è stato lo stesso per Hiv, per il quale abbiamo un virus nelle aree dell’Europa occidentale e dell’America che è diverso da quello africano” ha aggiunto.
Sulla possibilità di un indebolimento del virus, Perno non ha dubbi: “L’indebolimento di un virus avviene quando non è più capace di replicare – sottolinea -. In assenza di vaccini e di altri fattori, avremo un aumento della sua capacità di replicare. Questo non significa che avremo un rafforzamento della patologia perché un virus intelligente tende a replicare sempre di più ma a fare anche meno danno, perché uccidendo l’ospite, di fatto, fa male a sé stesso. Se non ci fossero i vaccini – aggiunge l’esperto – ci sarebbe un rafforzamento del virus come attività replicativa. Probabilmente, nei prossimi mesi ci sarà un calo della sua forza nel fare danno. Inoltre, i coronavirus, con l’aumento della temperatura, hanno minori capacità infettive replicative”.
L’infettivologo, nonostante la campagna di vaccinazione in corso, invita comunque a tenere alta l’attenzione: “Viviamo in un ambiente ricchissimo di esseri viventi che interagiscono con noi – sostiene Perno -. Queste interazioni sono aumentate a causa anche dei cambiamenti climatici e delle modificazioni che abbiamo generato sul pianeta: pensiamo a come, tramite la deforestazione, gli esseri umani siano in contatto con gli animali molto più di quanto lo fossero in passato. Gli animali sono portatori di virus che possono trasferirsi all’uomo e produrre patologie, un esempio per tutti: Sars-Cov-2. Quello che è accaduto oggi – conclude – e che sicuramente argineremo nel prossimo futuro, è solo l’ultimo caso di qualcosa che continuerà ad accadere se non terremo alta l’attenzione”.