A distanza di alcuni mesi dall’inizio della pandemia, iniziano ad apparire nella letteratura scientifica evidenze di pazienti che si sono reinfettati ad alcuni mesi di distanza dalla prima infezione. “L’Ecdc ha recentemente pubblicato un documento sulle reinfezioni da Covid- 19, nel quale passa in rassegna la casistica disponibile in letteratura”, sottolinea un report dell’Istituto Spallanzani. Il documento dell’Ecdc evidenzia sei casi di reinfezione in cinque paesi.
Il primo è stato documentato in letteratura da un team di ricercatori del dipartimento di microbiologia dell’Università di Hong Kong, e riguarda la reinfezione di una persona a distanza di 142 giorni dal primo contagio, con un ceppo di virus diverso da quello che aveva innescato la prima infezione. Il paziente, un uomo di 33 anni, era stato ricoverato in ospedale a fine marzo con sintomi lievi ed era stato dimesso a metà aprile. La seconda infezione è stata individuata il 15 agosto dopo un controllo all’aeroporto di Hong Kong, dove il paziente era tornato dopo un viaggio in Spagna con scalo in Gran Bretagna. I ricercatori della University of Nevada, Reno School of Medicine e dal Nevada State Public Health Laboratory hanno segnalato il caso di un giovane di 25 anni che era risultato positivo a metà aprile, con sintomi moderati, e che si è reinfettato a fine maggio, sviluppando questa volta una forma più severa di Covid-19.
Sempre negli Stati Uniti, in Virginia, è stata recentemente descritta la reinfezione di un militare addetto a servizi sanitari, che dopo essersi infettato il 21 marzo ed aver superato l’infezione dieci giorni dopo, è stato nuovamente testato positivo il 24 maggio, e nel secondo episodio ha avuto sintomi più severi rispetto alla prima infezione. In Belgio è stato riportato l’episodio di una donna che aveva avuto l’infezione a marzo e si è nuovamente infettata a giugno ad opera di un ceppo di virus che presentava undici mutazioni rispetto a quello della prima infezione. Un caso simile è stato comunicato in Olanda dall’Erasmus Medical Center di Rotterdam: anche in questo caso le sequenze genetiche hanno confermato che i virus che hanno causato la prima e la seconda infezione sono di ceppi diversi, ma in questo caso il paziente era una persona anziana con un sistema immunitario indebolito.