(Adnkronos) – Un numero sempre crescente di specialisti dedica parte del proprio tempo a creare contenuti divulgativi per i social network: questa attività ha il nobile scopo di promuovere la consapevolezza di alcune tematiche di salute, soprattutto fra i più giovani, e pertanto rappresenta un potenziale strumento per migliorare la salute generale fornendo a ciascuno gli elementi per interpretare al meglio i segnali che il proprio corpo invia. Tuttavia, i social network sono anche un territorio dove il controllo dei contenuti è spesso molto scarso. Non è difatti un mistero che tematiche antiscientifiche siano spesso al centro di numerose discussioni online, e in molti casi le azioni di moderazione tardano ad arrivare. La disinformazione sui social network non risparmia neanche la medicina, ed in particolare la medicina della sessualità e della riproduzione. 

 

Se da un lato esistono difatti professionisti con un curriculum – talora decennale – che sottraggono tempo alla loro attività clinica o di ricerca per creare contenuti divulgativi, dall’altro lato esistono diverse figure che, spesso in assenza di formazione, forniscono informazioni discordanti su tematiche sensibili. Nel caso della salute sessuale e riproduttiva, è facile far leva sul desiderio di genitorialità o sulla vergogna per convincere incauti follower a seguire indicazioni poco corrette. Questa percezione è comune a molti medici, ed in particolare a quelli che usano i social network anche come fonte di svago o che si sono trovati a cercare in prima persona informazioni mediche su questi canali. 

 

Lo studio di Dubin e colleghi, pubblicato su International Journal of Impotence Research nel novembre 2022 (https://www.nature.com/articles/s41443-022-00645-6), esamina nel dettaglio le differenze fra i contenuti prodotti e diffusi dagli esperti e dai non-esperti. In particolare, per le tematiche pertinenti alla salute sessuale e riproduttiva maschile, solo il 10.3% dei post su TikTok e il 12.9% di quelli su Instagram risultano essere prodotti da medici specialisti. 

 

Sebbene si possa pensare che la diffusione di contenuti da parte di non-specialisti possa non essere un problema di rilievo, è opportuno considerare che per alcune tematiche, come la disfunzione erettile e l’infertilità maschile, i “consigli” forniti online sono di qualità decisamente scarsa se provenienti dai non-medici. Affidarsi ai suggerimenti di personale non qualificato espone l’incauto paziente a diversi rischi: in primis, quello di non riconoscere una eventuale patologia sottostante, che potrebbe essere causa delle problematiche sessuali o riproduttive più evidenti; in secondo luogo, aprendo il sentiero all’autodiagnosi e all’automedicazione, si aumenta il rischio di invogliare il paziente all’acquisto online e all’uso incontrollato di prodotti farmaceutici. Considerando che i farmaci per l’erezione sono fra i prodotti più contraffatti al mondo, e che l’uso di prodotti contraffatti espone l’utente al rischio di contaminazione con altri farmaci e batteri, appare evidente come il ricorso all’acquisto online potrebbe essere controproducente. 

 

Quali sono quindi le strategie da seguire? Da un lato, è necessario che gli utenti siano cauti nel valutare caso per caso i contenuti in visione, senza cedere troppo facilmente al richiamo di chi propone una soluzione immediata a un problema “intimo”; dall’altro è utile che i professionisti della sanità si impegnino attivamente sul campo, con campagne di educazione alla salute sessuale (e non solo di “educazione alla sessualità”) che possano raggiungere quante più persone possibile anche tramite la comunicazione digitale.