(Adnkronos) – Fa sembrare tutto semplice Mario Sala. Anche fare da apripista ai Campionati italiani master a Santa Caterina Valfurva, su una pista – quella dedicata alla campionessa olimpica Deborah Compagnoni – nata per i Campionati mondiali di sci alpino del 2005 e teatro di diverse gare del circo bianco. “E’ una pista di Coppa del mondo – racconta fiero all’Adnkronos Salute – ed è andata bene”. Sala ha 56 anni, e questa discesa speciale, che ha affrontato il 6 febbraio, è stata un’occasione per lanciare un messaggio sull’importanza della prevenzione, ma anche per ricordare a se stesso che sono passati “3 anni esatti domani” dalla diagnosi di tumore al pancreas. “Era il primo marzo 2019 quando è arrivata”.  

Da allora Mario ha sperimentato la chemioterapia, affrontato un intervento e molto altro. “Dalla sera di Natale 2020 prendo un farmaco, olaparib. Quattro pastiglie al giorno da assumere a casa, una differenza enorme con la chemio. Significa non essere privati della libertà di programmare e vivere la propria vita pienamente. Per questo mi unisco all’appello che 230 oncologi hanno lanciato all’Agenzia italiana del farmaco” Aifa, affinché rivaluti il no alla rimborsabilità di questa terapia. Un no arrivato a novembre, e al quale da oggi, 28 febbraio, segue anche la chiusura del programma per l’uso compassionevole e la sospensione della distribuzione del farmaco a nuovi pazienti con tumore del pancreas e con la mutazione dei geni Brca1/2, resa famosa dall’attrice Angelina Jolie. 

Gli esperti invitano l’ente regolatorio ad affrontare una riflessione sul valore del farmaco, che “consiste anche nel tempo libero da chemioterapia”, come ha spiegato nei giorni scorsi uno degli specialisti che firma la lettera, Michele Reni, componente del consiglio direttivo dell’Aisp, Associazione italiana studio pancreas e responsabile all’ospedale San Raffaele di Milano del Programma strategico di coordinamento clinico del Pancreas Center. “Riteniamo olaparib di considerevole rilevanza clinica in una patologia a prognosi infausta e con un armamentario terapeutico limitato, e chiediamo di ripensarci anche in considerazione dei pochi pazienti che sarebbero candidabili”, ha spiegato l’oncologo.  

“La differenza è totale – conferma Mario – solo il fatto di non dover andare in ospedale e fare la chemio con le difficoltà ad essa legate. Niente stanchezza, nausea, vomito, inappetenza. Io oggi personalmente non ho alcun disturbo, l’emocromo è sempre un po’ basso e bisogna tenerlo controllato, ma posso avere una vita più semplice e normale e il più possibile uguale a prima”. Per lui la terapia è iniziata la sera di Natale 2020: “Non volevo eventualmente rovinarmi una giornata serena, quindi ho aspettato di lasciarmi alle spalle il pranzo in famiglia, la festa. Poi in realtà non ho avuto nessun effetto. E da allora è così. E’ stato più un regalo”, riflette.  

Mario torna ai giorni in cui è arrivata la diagnosi di cancro al pancreas. “I medici mi hanno descritto il problema e hanno aggiunto: si dovrà operare. Ho pensato: ok, prendo il pigiama e sono qui. E invece i miei entusiasmi sono stati frenati: gli specialisti mi hanno spiegato che prima avrei dovuto fare 6 mesi di chemio, poi l’operazione. Sono stati mesi tollerabili perché avevo davanti a me un obiettivo, e partivo da una situazione di zero cure alle spalle e con il fisico a posto. Rifarlo adesso sarebbe sicuramente più pesante. Ricordo gli ultimi giorni di chemio, quando al solo pensiero di andare in ospedale perdevo la voglia”. Oggi Mario va “a sciare ogni settimana. La forza, è chiaro, non è come 4 anni fa, ma la resistenza è buona – sorride – pur avendo abbassato il ritmo”.  

“La fortuna per me, 3 anni fa – continua – è stata di aver fatto un’ecografia dell’addome. Il giorno prima ero in montagna, non un segnale d’allarme, niente sintomi come possono essere urine scure o perdita di peso. Il giorno dopo mi trovo 2 cm di troppo”, quelli di una neoplasia che stava crescendo nel suo pancreas. “Ho capito l’importanza della prevenzione. E la mia speranza è quella di aver anticipato il più possibile l’avvio delle cure, con quell’ecografia. Un messaggio che ho voluto lanciare in occasione della mia discesa del 6 febbraio scorso”, come apripista nella prova di gigante.  

L’evento, il cui trofeo porta un nome importante, quello della onlus ‘Cancro primo aiuto’, è stata l’occasione per accendere i riflettori sui controlli ‘salvavita’, sull’importanza di “farli con regolarità dopo i 45-50 anni. Io sono un commerciante”, dice Mario, che a Desio, dove ha la sua attività, è molto conosciuto. “E ho invitato le persone a rinunciare a comprarsi un maglione o un paio di scarpe, piuttosto, e investire il corrispettivo in prevenzione. E’ veramente importante”, ribadisce.  

Quanto all’appello per garantire la possibilità di accedere a olaparib anche ai prossimi pazienti con tumore del pancreas e geni Brca mutati che ne avranno bisogno, Mario definisce “grave che non si lasci questa opzione. Anche se i pazienti che potrebbero beneficiarne sono pochi, vanno tenuti in considerazione – osserva – Io adesso sono salvo, potrò continuare il trattamento, ma nessuno mi garantisce che in futuro non possa succedere che venga detto basta anche alle persone attualmente in cura. Mi auguro che si possa continuare, che la scelta rimanga. Io mi sono trovato bene con questa terapia, i marcatori sono scesi ulteriormente. Si parla non solo di sopravvivenza, ma di qualità di vita. Una vita libera dalla malattia”.