(Adnkronos) – Ogni medicina è il suo principio attivo, l’ingrediente che cura. La catena del farmaco parte da lì e per chi la alimenta, una guerra nel cuore d’Europa vuol dire prima di tutto rincari. “Con l’esplosione del conflitto in Ucraina il primo tema”, ad oggi il più concreto, “è l’aumento dei costi per la nostra industria, che si ripercuoterà sul prezzo finale dei nostri prodotti”. Ma “c’è anche un altro tema” nell’analisi di Michele Gavino, amministratore delegato di Fis-Fabbrica italiana sintetici, Spa tricolore che dal 1957 produce principi attivi per le aziende farmaceutiche del mondo: “Quando senti il presidente del Consiglio dire che si potrebbe arrivare a ragionare in un’ottica di razionamento – spiega il manager in un’intervista all’Adnkronos Salute – allora ti devi preparare all’eventualità che non tutto potrà essere fornito con le stesse priorità”. Perché razionamento significa scelta: “Prima i farmaci salvavita, poi tutti gli altri”.
Gavino parla dagli Usa, da New York, dove è in corso la ‘Dcat Week’ (21-24 marzo) promossa dalla Drug, Chemical & Associated Technologies Association-Dcat, uno dei principali eventi internazionali annuali dedicati agli attori della produzione biofarmaceutica. Per una società come la Fis – radici a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza, ma rami lunghi a raggiungere “oltre 70 Paesi nel mondo, sia con prodotti custom per società farmaceutiche, sia con prodotti generici o del settore veterinario – l’evento della Grande Mela è “un’occasione preziosa per spiegare alle industrie che operano dall’altra parte dell’Oceano la situazione che stiamo vivendo”. Un aumento dei costi che inevitabilmente alza il prezzo al cliente e “non certo per fare speculazione”, tiene a precisare l’Ad.
“Negli incontri con le imprese al Dcat stiamo cercando di far capire che speriamo si tratti di un temporary surcharge, di un rincaro passeggero di carattere eccezionale – sottolinea – sperando che non debba pesare troppo sul nostro risultato”.
Con l’attacco della Russia all’Ucraina, illustra Gavino, “le criticità che stiamo vivendo si vanno a sovrapporre a quelle che stavamo già affrontando dal primo semestre 2021, generate in larga parte dalla pandemia di Covid-19 e relative soprattutto alla catena di approvvigionamento, riguardo in particolare alla Cina, ma anche all’India. Ora le principali difficoltà che si aggiungono riguardano naturalmente i trasporti, perché sui trasporti pesa molto il costo dei carburanti che sta esplodendo in Europa – ma forse ancora di più in Italia – e che il Governo è riuscito a calmierare in minima parte”.
“C’è poi il tema dell’energia, per noi primario – evidenzia il manager – perché i nostri processi sono per definizione ‘energivori’: facciamo un uso abbastanza pesante sia dell’energia elettrica sia del gas, quindi i costi energetici sono diventati un altro tema che stiamo gestendo con i clienti, informandoli del fatto che nei prossimi mesi il costo dell’energia potrà avere un riflesso anche sul costo del prodotto che forniamo loro”.
Ma a oscurare l’orizzonte c’è pure lo spettro, ci si augura lontano, del razionamento al quale ha fatto esplicito riferimento nelle scorse settimane il premier Mario Draghi. “Se entreremo in quella logica – ragiona l’Ad di Fis – dovremo essere pronti a reagire per essere in grado, qualora necessario, di dedicarci alle produzioni più importanti tralasciando quelle che lo sono meno. In altre parole, dando priorità ai principi attivi salvavita piuttosto che ad altri che non lo sono”. Dunque, in prospettiva, “ci potrà essere anche una ripercussione sul tipo di principi attivi che si potranno garantire ai clienti”. Se razionamento sarà, “eventualmente per un’applicazione ancora più severa delle sanzioni alla Russia”, allora “a qualcosa bisognerà rinunciare e si tratterà di decidere che cosa lasciare indietro”. Ma “in questo momento – assicura Gavino – il gas ad esempio non sta mancando. La Russia lo sta costantemente inviando nei quantitativi previsti dai contratti”.
In Russa e in Ucraina la Fis non ha clienti diretti. “Ne avevamo qualcuno nell’area qualche anno fa, che però non stiamo seguendo in questo momento”, dice l’amministratore delegato, rimarcando tuttavia che nella zona Big Pharma c’è e di principi attivi continua a servirsi: “Nel 2010 – ricorda – la Russia lanciò un progetto mirato proprio a rafforzare l’industria farmaceutica nazionale, e quasi tutte le Big Pharma europee e americane hanno costruito fabbriche nel Paese. Fabbriche che stanno ancora lavorando regolarmente, visto il tipo di produzione essenziale”, avendo a che fare con la salute delle persone e molto spesso con la vita.
L’azienda vicentina punta comunque gli occhi sulla geografia del campo di battaglia per via delle materie prime: “Alcune arrivano proprio da lì”, racconta Gavino. “Ad esempio facciamo un uso abbastanza intensivo del palladio, un prodotto che in larga parte viene dall’Ucraina e dalla Russia, anche se per ora ne abbiamo una buona riserva che ci dovrebbe coprire per tutto l’anno. Siamo invece un po’ più attenti all’ammoniaca, un’altra materia prima che arriva soprattutto da questi Paesi. Alternative per approvvigionarsi ce ne sono anche a livello europeo, però a prezzi differenti”, puntualizza il manager. Al ‘caro trasporti’ e al ‘caro energia’, insomma, rischia di sommarsi un ‘caro materie prime’.
Per l’Ad “è fondamentale poter condividere tutte queste problematiche con gli stakeholder, per individuare delle possibili soluzioni da mettere in atto”. Se “a livello di azienda abbiamo costituito immediatamente un comitato di crisi che sta gestendo le varie criticità e ipotizzando diversi scenari alternativi, per essere pronti nel caso in cui servirà prendere qualche decisione radicale – riferisce Gavino – tramite Confindustria, in particolare l’associazione degli industriali di Vicenza nella quale siamo inquadrati, stiamo assistendo a tutti i tavoli che sono stati istituiti e che ci informano con frequenza quotidiana. Ci auguriamo infine che gli enti regolatori continuino ad agire – auspica il manager – nella consapevolezza di quanto queste variabili condizionino l’operatività e la redditività delle aziende che operano sul mercato”.