“Sì, ci potrebbe essere il rischio” che, nell’autunno-inverno di convivenza con Covid-19 – mentre la vaccinazione antinfluenzale è consigliata da più parti a tutti i cittadini – le farmacie italiane restino senza dosi vaccinali da vendere alle fasce di popolazione non considerate a rischio, e quindi non incluse nell’offerta gratuita delle campagne istituzionali. A confermare all’Adnkronos Salute lo scenario prospettato dalle associazioni di categoria è Mario Merlo, general manager per l’Italia di Sanofi Pasteur, divisione Vaccini del gruppo francese Sanofi.
Merlo precisa di parlare “non in generale come rappresentante di tutte le aziende che producono vaccino, ma in qualità di general manager di Sanofi Pasteur Italia”. Un’azienda che tuttavia copre nel nostro Paese “il 35-40%” del mercato vaccinale anti-influenza. E come fa già dall’aprile scorso, il manager torna oggi a segnalare un problema di programmazione tutto italiano. La premessa doverosa è che il ciclo produttivo dei vaccini è molto più complesso rispetto a quello dei farmaci, quindi poco si presta ad adattarsi rapidamente a un eccesso di richieste in assenza di una pianificazione tempestiva. “Parliamo di un settore in cui la programmazione va fatta un anno per l’altro”, sottolinea Merlo.
“In autonomia – spiega – indipendentemente da una carenza e da una lacuna di programmazione” che si sta manifestando in queste settimane, acuita dall’emergenza pandemica, “a livello europeo abbiamo comunque aumentato la produzione di vaccino antinfluenzale perché quest’anno un incremento delle richieste era abbastanza prevedibile”. Ciò nonostante “la richiesta oggi è molto maggiore rispetto all’offerta”, e ciò rappresenta un problema “per il mercato privato delle farmacie. Com’è giusto che sia, infatti, abbiamo messo al centro la salute pubblica dando priorità alle richieste delle Regioni per la copertura vaccinale delle categorie fragili”. Protezione che “sarà assolutamente garantita”, assicura il Gm Italia di Sanofi Pasteur.
“Proprio perché la produzione del vaccino antinfluenzale comporta un processo che dura in media 6-7 mesi, iniziando in pratica da marzo, la coperta è quella”, osserva Merlo. “Dando priorità alla sanità pubblica e alla protezione delle popolazioni a rischio, come sancito dalla circolare ministeriale, è naturale che occorra fare delle scelte” e per questo “ad oggi noi non stiamo distribuendo il vaccino antinfluenzale nelle farmacie”.
“Abbiamo invece iniziato, e continueremo nel prossimo mese, a consegnare alle Regioni i quantitativi di vaccino occorrenti. Oggi questa è la nostra priorità come Sanofi Pasteur – ribadisce il manager – in piena trasparenza e in accordo con ministero della Salute, Agenzia italiana del farmaco Aifa e Regioni”.
Sul ‘nodo carenza’ “il dialogo è costante – dice il general manager dell’azienda per l’Italia – E’ stato instaurato un tavolo di confronto con le società produttrici, le Regioni, l’Aifa e il ministero Salute, e stiamo lavorando quotidianamente per cercare di trovare soluzioni nel brevissimo”. Ma l’invito di Merlo è a “riflettere” su quello che suona come “un ulteriore campanello d’allarme”, “l’ennesima prova che in Italia serve maggiore programmazione non solo sul fronte delle campagne vaccinali contro l’influenza, ma in generale su tutto ciò che riguarda il comparto salute. Il mio appello è questo: pensiamo già adesso per il prossimo anno” e “valutiamo una revisione complessiva della pianificazione, della distribuzione e della somministrazione dei vaccini. L’esigenza di un cambiamento – ammonisce – è sotto gli occhi di tutti”.
“UN CASO TUTTO ITALIANO” – E’ “un caso italiano” quello dei vaccini anti-influenza, con i timori di ritardi e carenze, e il rischio di ritrovarci in ottobre con farmacie sprovviste di dosi a disposizione delle categorie escluse dall’offerta gratuita delle campagne istituzionali. A fronte di “Paesi europei che iniziano a muoversi entro marzo di ogni anno”, calcolando i bisogni e pianificando le ordinazioni, nella Penisola ci sono realtà che cominciano a programmare “mentre noi già stiamo impacchettando” le consegne per le altre nazioni. A tracciare il quadro di un fenomeno tutto ‘tricolore’ è Mario Merlo, nell’intervista all’Adnkronos Salute.
Un po’ come in un atelier di alta moda, nei laboratori di Big Pharma la battaglia contro l’influenza dell’inverno che verrà comincia a inizio anno, mentre ancora gira l’epidemia ‘vecchia’: “A febbraio l’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità – spiega Merlo – pubblica i ceppi” virali che circoleranno e sulla base dei quali disegnare il nuovo vaccino. “A febbraio inizia quindi la programmazione” delle campagne di profilassi “e i nostri concorrenti sono gli altri Paesi europei”. Nazioni che già adesso stanno cominciando a pensare non a questa campagna, bensì “a quella 2021-2022”.
“Ogni Paese ha la sua specificità”, però in generale “il resto d’Europa, e in particolare il bacino Centro-Nord – riferisce il manager – tendenzialemente entro il primo trimestre di ogni nuovo anno ha già un quadro d’insieme dei fabbisogni” per la campagna invernale. “Noi invece arriviamo a ridosso dell’estate, quando in realtà nelle aziende è già in corso non solo l’infialamento, ma anche l’impacchettamento”.
Accade così che le società produttrici dispongono “solamente di stime”. Auspicabilmente “attendibili, ma pur sempre stime. Non abbiamo un quadro d’insieme certo e questo accade ogni anno, indipendentemente dall’emergenza pandemica Covid-19 che ovviamente ha accentuato ancor più” il nodo programmazione. “Anche gli anni scorsi come Italia arrivavamo tardi, con Regioni che addirittura programmavano le gare a settembre”, conclude Merlo, ribadendo la necessità di un cambio di passo.
“SUPERARE I DOGMI, SERVONO NUOVI MODELLI” – “Imparare dagli errori” di pianificazione della campagna vaccinale anti-influenza – ritardi “più evidenti in questo 2020-2021” di convivenza con Covid-19, ma che “si ripetono ogni anno” – per avviare nel nostro Paese “una revisione complessiva di tutta la filiera vaccinazioni con spirito critico e costruttivo: dalla programmazione degli ordini, alla distribuzione, fino alla somministrazione” dell’iniezione-scudo ai cittadini. A lanciare l’appello alle Istituzioni è Mario Merlo, nell’intervista all’Adnkronos Salute.
Il manager cita l’esempio della Germania, che “ha cambiato modo di pensare sulla vaccinazione antinfluenzale già 2-3 anni fa”. E fa notare che in generale “un po’ tutti i Paesi, proprio perché è in corso un’evoluzione, stanno rivedendo” la materia superando “l’approccio dogmatico del ‘si è sempre fatto così'”. Un’operazione che anche l’Italia dovrebbe avviare, a 360 gradi: “Bisogna rivedere completamente il processo, che non significa semplicemente anticipare le gare regionali” per l’acquisto delle dosi di antinfluenzale, precisa Merlo, ma anche “cambiare l’organizzazione della dispensazione del vaccino attraverso tutti gli attori della sanità pubblica”. Nel senso che si dovrebbe poter vaccinare anche in farmacia? “Non siamo noi a doverlo dire – risponde – Ci sono le autorità preposte, ma naturalmente come azienda produttrice noi siamo disponibili a un confronto”.
Il suggerimento che arriva dal mondo farmaceutico è di “dare con molto anticipo, a livello ministeriale, delle indicazioni alle Regioni su come implementare al meglio fin d’ora la prossima campagna antinfluenzale. Bisogna cominciare adesso – insiste Merlo – perché oltre a un tema di programmazione ce n’è anche uno di organizzazione e di dispensazione del prodotto”.
In epoca pandemica, ragiona il Gm di Sanofi Pasteur Italia, “è difficile pensare che aumenta il numero delle persone da vaccinare, ma le modalità di vaccinazione rimangono le stesse. E’ ovvio che bisogna fare dei cambiamenti, per esempio per garantire che tutte le dosi di vaccino acquistate vengano utilizzate nel tempo giusto e non ci siano sprechi”. Perché se ci fossero, conclude il manager, “magari con una diversa programmazione sarebbero potuti andare anche al mercato privato delle farmacie”, oggi in difficoltà a garantire dosi alle fasce non incluse nell’offerta gratuita. (di Paola Olgiati)