(Adnkronos) –
Il colangiocarcinoma ha un esordio fulmineo, un iter diagnostico tortuoso e nella maggior parte dei casi troppo tardivo, quando solo 1 paziente su 4 può essere candidato alla chirurgia salvavita. La profilazione molecolare di questo raro tumore delle vie biliari non è ancora garantita a tutti i pazienti dal Servizio sanitario nazionale. Manca un registro dei Centri di riferimento e un solo farmaco a bersaglio molecolare è disponibile, gli altri sono in attesa di autorizzazione dagli enti regolatori. E poi, c’è la solitudine dei pazienti nell’affrontare un percorso doloroso e difficile. Questi i temi al centro primo convegno nazionale sul colangiocarcinoma, che si è tenuto recentemente a Bologna, promosso e organizzato da Apic (Associazione Italiana Colangiocarcinoma), una delle tre associazioni pazienti a livello mondiale, con l’americana Cholangiocarcinoma Foundation e l’inglese Ammf.
L’incontro – spiega una nota diffusa da Apic – ha voluto essere un momento di confronto aperto tra pazienti, specialisti e associazioni per accendere i riflettori su una neoplasia misconosciuta persino tra gli stessi medici e di cui i media parlano poco. I pazienti hanno portato le storie e il drammatico vissuto emozionale, ma anche il loro punto di vista su presa in carico e trattamenti vecchi e nuovi, questi ultimi di difficile reperibilità. Il colangiocarcinoma è un tumore delle vie biliari che collegano il fegato all’intestino, raro, con un alto tasso di recidive e una mortalità elevatissima: a 5 anni la sopravvivenza è del 15% tra gli uomini e del 17% tra le donne. Sempre più frequente rispetto al passato la sua comparsa in giovani adulti. Tre le forme principali: due extraepatiche, perilare e distale, più facili da aggredire chirurgicamente, e una terza forma intraepatica, sovente inoperabile al momento della diagnosi. Il colangiocarcinoma è un tumore caratterizzato da mutazioni geniche, tra cui più frequente è l’alterazione del gene Fgfr2.
“L’informazione può fare la differenza – afferma Paolo Leonardi, presidente di Apoc – siamo di fronte a un tumore che non dà segni di sé, se si eccettuano i casi di ittero con una colorazione giallognola delle sclere e della pelle che compare in una fase già avanzata di malattia. Il colangiocarcinoma raddoppia il suo volume ogni 28 giorni, portando a morte in pochi mesi se non si interviene in modo tempestivo. E’ necessario indirizzare i pazienti a Centri specializzati e a chirurghi competenti ed esperti perché si tratta di una chirurgia molto delicata”.
“Tutti i pazienti – continua Leonardi – andrebbero sottoposti a profilazione molecolare per identificare eventuali mutazioni genetiche, ma purtroppo ad oggi i test genetici non sono rimborsati dal Ssn nonostante siano necessari per prescrivere le nuove terapie mirate a bersaglio molecolare. Infine, c’è il grande problema dei nuovi farmaci. Come sappiamo i tempi di approvazione in Italia sono lunghissimi, anche 3 anni, mentre chi ha un colangiocarcinoma non può aspettare. Apic – chiosa Leonardi – intende creare attorno ai malati e alle loro famiglie una rete di supporto affinché non si sentano soli e intende spingere sulle autorità regolatorie per abbreviare il più possibile i tempi di approvazione dei farmaci innovativi”.
Per i pazienti con malattia avanzata localmente o metastatica, in cui è presente l’alterazione genica Fgfr2 e già trattata con chemioterapia, è disponibile da pochi mesi in Italia una nuova terapia a bersaglio molecolare, che riduce le dimensioni del tumore e porta ad un miglioramento della sopravvivenza mediana di oltre un anno e mezzo. Sul territorio nazionale ci sono una ventina di Centri di riferimento specializzati, più numerosi al Nord e al Centro, meno al Sud. Questo è un altro motivo di sofferenza, perché i pazienti sono talvolta costretti, insieme a un familiare, a faticose e costose migrazioni sanitarie.
Circa la metà dei colangiocarcinomi intraepatici presenta una o più mutazioni geniche: per questa ragione sarebbe necessario sottoporre tutti i pazienti a profilazione molecolare con la metodica Ngs (Next Generation Sequencing) in grado di utilizzare pannelli di grandi dimensioni rispetto al modello ‘singolo gene’, migliorando la capacità di catturare le mutazioni molecolari utili per accedere alle terapie mirate. E’ pesante il vissuto emotivo dei pazienti, che si sentono chiusi in una bolla. La speranza per questi malati c’è, arriva dalla ricerca che negli ultimi anni ha individuato qualche possibilità, ma serve anche rafforzare la rete di supporto di familiari, amici, medici. Serve una coesione forte tra tutti i protagonisti di questo complesso percorso, nel quale andrebbe inserito un sostegno psicologico, presente oggi solo all’interno di alcuni ospedali. Apic, nata nel 2019 per offrire un punto di riferimento ai malati con aggiornamenti continui su terapie e centri specializzati, mira a creare una rete medica e umana attorno ai pazienti con colangiocarcinoma e ad adoperarsi perché – conclude la nota – abbiano un presente e un futuro migliori.