(Adnkronos) –
Calo generale dell’utilizzo di antibiotici in Italia durante la pandemia di Covid-19, infezione virale causata dal coronavirus Sars-CoV-2, quindi non diretto bersaglio di questo tipo di farmaci come invece le malattie batteriche. Fa eccezione solo l’azitromicina, con un boom degli acquisti da parte degli ospedali che al Nord del Paese ha sfiorato nella prima metà del 2020 il +200%, e un aumento dell’acquisto privato di oltre un terzo nell’intero 2020. Si tratta dell’antibiotico finito sotto i riflettori delle cronache nel gennaio scorso perché diventato introvabile, producendo un allarme carenza che ha costretto l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a ribadire come “nessun antibiotico è approvato, né tantomeno raccomandato, per il trattamento di Covid-19”.  

A rilevare il trend è ‘L’uso degli antibiotici in Italia – Rapporto nazionale 2020’, redatto dall’Osservatorio nazionale sull’impiego del medicinali dell’Aifa, diffuso e presentato oggi in diretta streaming sui canali dell’ente regolatorio nazionale.  

In Italia il consumo di antibiotici è superiore rispetto alla media europea, sia a livello territoriale che ospedaliero, emerge dal report. I consumi di antibiotici nel nostro Paese sono stati confrontati con quelli degli altri Stati europei e del Regno Unito utilizzando come fonte la Rete europea di sorveglianza del consumo degli antimicrobici (Esac-net), coordinata dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che include sia l’erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale sia gli acquisti a carico del cittadino.  

Nel 2020 – si legge nel report – si osserva una marcata contrazione dei consumi territoriali di antibiotici in tutti i Paesi Ue/See (Spazio economico europeo), a eccezione della Bulgaria, con un -18,1% rispetto al 2019 a 14,7 dosi definite giornaliere ogni mille abitanti al giorno (Ddd/1.000 ab die). Tale andamento può essere spiegato dalle misure messe in atto per il contenimento della pandemia di Covid-19 e al loro impatto sulla circolazione degli agenti infettivi. In Italia il consumo territoriale è superiore alla media europea, anche se in forte contrazione rispetto all’anno precedente. Siamo al nono posto, con 16,5 Ddd/1.000 ab die. Considerando le diverse categorie di antibiotici, la Penisola si colloca al di sopra della media Ue/See per penicilline, macrolidi e lincosamidi. 

A livello ospedaliero, nel 2020 rispetto al 2019 il consumo medio Ue/See è sceso invece dell’11,8% a 1,57 Ddd/1.000 ab die. In questo ambito, l’Italia registra un valore di poco superiore alla media europea, anche se in leggero aumento rispetto al 2019. Siamo al sesto posto con un consumo pari a 1,91 Ddd/1.000 ab die. Le categorie di antibiotici per i quali si osservano i maggiori scostamenti con consumi superiori alla media sono sulfonamidi e trimetoprim, macrolidi e lincosamidi e fluorochinoloni. 

Nel 2020, in Italia, circa 3 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici e in media ogni paziente è stato in trattamento per circa 14 giorni nel corso dell’anno. 

Quanto alle fasce di età e genere, la prevalenza d’uso aumenta all’avanzare dell’età, superando il 50% nella popolazione ultra85enne. Si conferma un maggior consumo di antibiotici nelle fasce estreme, in cui si registra anche un più frequente utilizzo per gli uomini, mentre la maggior prevalenza d’uso nelle donne si riscontra nelle fasce di età intermedie. 

In Italia gli antibiotici vengono prescritti in modo inappropriato in un quarto dei casi. Un impiego rischioso, specie alla luce della crescente emergenza legata ai ‘superbatteri’ resistenti, e che risulta in crescita secondo quanto rileva il rapporto. 

Dall’analisi dei dati della medicina generale sulle prescrizioni ambulatoriali di antibiotici per specifiche patologie infettive – viene sintetizzato nel report – è emersa una prevalenza di uso inappropriato che supera il 25% per quasi tutte le condizioni cliniche studiate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata). Nel 2020 le stime osservate sono tutte in aumento rispetto all’anno precedente, in modo più evidente per la cistite non complicata nelle donne, a eccezione delle infezioni delle prime vie respiratorie, per le quali si osserva una riduzione della prevalenza di uso inappropriato.  

BAMBINI – Nel 2020 il 26,2% della popolazione italiana fino ai 13 anni di età ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con una media di 2 confezioni per ogni bambino trattato. Nel 2019 lo stesso dato di prescrizione era del 40,9%, dunque in forte diminuzione in un anno, emerge dal rapporto. In tutte le regioni si osserva una significativa riduzione rispetto al 2019.  

“Il maggior livello di esposizione si rileva nella fascia compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa un bambino su tre riceve almeno una prescrizione di antibiotici. Il tasso di prescrizione è superiore nei maschi rispetto alle femmine soprattutto nella fascia 0-1 anno”, ricorda l’Aifa.  

MAGRINI – Il report ‘L’uso degli antibiotici’ di Aifa “mostra una situazione in Italia e in Europa fortemente preoccupante sull’uso degli antibiotici anche se con leggeri segni di miglioramento sull’uso degli stessi. Persiste una situazione a macchia di leopardo per le resistenze e l’Italia si configura come un paese ad alto tasso e tra i peggiori in Europa” ha detto Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco, nella sua introduzione alla presentazione a Roma del report. 

“La maggior parte degli antibiotici è usata in modo inappropriato anche nei pazienti più lievi. Pensiamo alle bronchiti, alle sinusiti e alle otiti. La parola più significativa in questa giornata dedicata all’uso ottimale degli antibiotici è parsimonia, necessaria per migliorarne l’uso” ha sottolineato Magrini.