“Di fare altri festival del cinema non ce n’era bisogno, ce ne sono tanti. Solo che nei grandi festival ci sono sì, incontri di mercato, ma sempre dei grandissimi: i piccoli non se li fila nessuno. Il mio obiettivo, invece, era quello dei giovani. Io ho sempre invitato i giovani perché sono convinta che i giovani abbiano solo bisogno di essere aiutati, scoperti, sostenuti per poi poter andare con le proprie gambe”. A dirlo all’Adnkronos, in una lunga intervista sul cinema italiano e straniero, è Gabriella Carlucci, direttrice artistica del Festival del Cinema italo-spagnolo di Palma de Mallorca, ‘Fiesta’, e del Festival del Cinema di Belgrado ‘Confronti’. Entrambi svoltisi quest’anno in presenza nonostante la pandemia, un risultato di cui la Carlucci è particolarmente fiera.
“Siamo riusciti a farlo dal vivo, anche se ovviamente alcuni non sono venuti a causa del Covid -spiega- Siamo però riusciti a fare tutto, mettendo in atto tutte le possibili misure di sicurezza: mascherine, igienizzante, distanza sociale. Abbiamo dovuto spendere più tempo per l’organizzazione, ma siamo felicissimi del risultato”. Importante andare avanti nonostante la difficoltà creata dal Covid, ma “la presenza è insostituibile – spiega la produttrice – Gli incontri via Zoom sono andati benissimo, ma quando ti incontri personalmente non c’è niente da fare: ci sono tante variabili che scattano ed è una cosa diversa. Così come non c’è paragone nel vedere un film sul pc o un film in sala”.
I due festival hanno entrambi prospettive internazionali importanti, tra cui quella della commercializzazione delle migliori opere prime e seconde italiane nel mercato spagnolo e dei balcani, e delle rispettive opere di quei paesi per il nostro mercato, che la Carlucci spiega così. “Il festival, Palma di Mallorca e della Serbia li ho scelti in modo specifico: la Spagna è la porta del latinoamerica, coinvolgi lo spagnolo e ti porta appresso tutto il sud America. In Serbia vale lo stesso principio: è la capofila di tutti i paesi balcanici, in più hanno rapporti privilegiati con la Russia, che è una bellissima realtà da coinvolgere. Sono interessati al nostro cinema, alla nostra cultura. Se li coinvolgi li trovi molto volenterosi e ben disposti”, analizza.
Il focus, ci tiene a precisarlo, è sulle novità legate ai giovani. “Io voglio che sia una vetrina del più giovane cinema italiano, delle opere prime e seconde -spiega- L’obiettivo di quest’anno è stato quello di aver messo in piedi alcune coproduzioni, addirittura Spagna, Serbia, Russia e Italia. Ci sono in ballo serie televisive Italia-Spagna-Russia-Serbia”, dice la Carlucci. Che sul futuro del cinema è molto fiduciosa perché, osserva, “questo periodo di pandemia deve sviluppare la creatività e la fantasia, per capire come sopravvivere”. Il futuro è “brillantissimo. Sia chiaro, per me la sala cinematografica resta centrale, ma il futuro del cinema non passa per la sala. Questo ce lo dobbiamo dire chiaro e tondo. Oggi il cinema lo si vede dal telefonino”
Per stare a galla e andare avanti, dunque, “quella della tecnologia è la strada maestra. Oggi si possono fare tante cose col pc, c’è una vorticosa richiesta di contenuti. E dato che si può fare il montaggio anche dal computer, ci si può ad esempio concentrare sui documentari di animazione, che sono i contenuti del futuro. Si può produrre contenuti short che messi insieme possono diventare una cosa più lunga, e questa è già una prospettiva. Non bisogna ragionare come abbiamo sempre ragionato e non fermarsi”. L’audiovisivo oggi “più che mai è di moda, quindi servono i produttori di contenuti. Il gioco è inventare modalità sfruttando quello che c’è a disposizione”.
Infine un pensiero alla tv, il suo primo amore. E se le si chiede quanto le manchi, la risposta non è così scontata. “Se mi manca la tv? Mi manca se penso che mi piacerebbe fare delle cose che non vedo, e che continuo a non vedere. Non rifarei ‘Buona Domenica’, perché ho 60 anni e credo vada fatta a 30, 35, quando l’ho fatta….ma se dovessi tornare in tv, vorrei fare una trasmissione sul mercato del lavoro. Si parla tanto della disoccupazione, in Italia. Quanto ero in Parlamento mi chiedevano tutti una cosa sola: il lavoro. Possibile che nessuno abbia fatto una trasmissione che spieghi, in maniera simpatica e semplice, come orientarsi sul mondo del lavoro? C’è un vuoto enorme nella tv pubblica. Ecco, così ci tornerei”.