13 milioni di utenti unici in trenta giorni nel mese di maggio, 4.7 milioni in una settimana e 1.1 milioni in sole ventiquattro ore. Ma pochi sanno che a vantare questi numeri record, attestandosi come il sito italiano di intrattenimento più visitato, è Everyeye.it, portale di riferimento per gli amanti del videogioco. A parlare con l’Adnkronos di questa realtà (che ormai abbraccia ben più dei videogame, con sezioni dedicate anche al tech, l’automotive, il cinema e le serie-tv), in occasione del ventesimo anno di attività, è il senior editor e responsabile della sezione videogiochi di Everyeye Francesco Fossetti, classe 1984, in un’intervista che spazia dalla crescente leadership del settore dei videogame nel mercato dell’intrattenimento, alla commistione dei linguaggi fra cinema e videogiochi, alla strategia editoriale che ha spinto il traffico del sito stabilmente oltre i 12 milioni di utenti unici mensili, in un momento in cui Agcom (è notizia di ieri) certifica che i ricavi della raccolta pubblicitaria sul web hanno superato per la prima volta quelli della tv nel 2019 e che secondo le stime la tendenza si consoliderà nel 2020.
Il caso Everyeye è paradigmatico dell’evoluzione tanto del mercato dell’intrattenimento quanto di quello dell’editoria. “Negli ultimi anni, l’arrivo su piattaforme più popolari come Netflix, di prodotti che prima erano squisitamente legati all’universo ‘nerd’ (come The Walking Dead, The Witcher o Game of Thrones), ha sdoganato la nozione che chi fosse appassionato di questo genere di cose non corrispondesse esclusivamente allo stereotipo del ragazzino asociale rintanato nella sua cameretta”, dice Fossetti. Riconoscendo, però, come nel nostro paese permanga un certo grado di diffidenza nei confronti del settore: “La motivazione è in parte linguistica: il termine videogioco riporta sempre e comunque a una dimensione ludica, e per molti questa è legata al perdere tempo. Tant’è che sono state proposte denominazioni alternative come ‘opera multimediale interattiva’”.
Nonostante l’Italia sia stabilmente nella top 10 dei paesi per fatturato dell’industria videoludica, dietro solo a mercati ben più estesi come quelli di Cina, Sud Corea, America e Canada, “si è rimasti ancorati all’idea che il videogioco non possa essere un mezzo di comunicazione o di espressione artistica”. Per Fossetti, al contrario, il videogame non solo è in grado di comunicare al pari di cinema, musica e letteratura, ma è anche un mezzo “prezioso perché incarna pienamente tutte le esigenze di affabulazione del pubblico odierno. Nel senso che se il cinema è stato il mezzo di comunicazione più rappresentativo del secolo scorso, il videogioco può essere davvero quello più rappresentativo del secolo che stiamo vivendo: perché ha in sé il valore dell’ipertesto, della partecipazione diretta, il punto di vista diventa personale e non necessariamente solo quello dell’autore. Tutti valori che le nuove generazioni avvertono come propri”.
Secondo Fossetti è un errore anche la scarsa attenzione al settore da parte dei media italiani, che se ne occupano solo quando è impossibile trascurarne la dimensione economica. Per Fossetti, invece, bisognerebbe entrare nel merito della rilevanza culturale del fenomeno e di alcuni prodotti: “Il lancio del nuovo ‘Grand Theft Auto’, ad esempio, fa notizia solo perché ha fruttato una certa cifra. Ma ‘GTA’ è o non è la più grande riproduzione virtuale dei modi e degli eccessi della moderna società americana? Sarebbe importante per il medium essere riconosciuto anche sotto questi punti di vista”. Un passo in questa direzione è stato fatto dalla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, che ha invitato nella giuria della sezione ‘Venice Virtual Reality’ il game producer e designer giapponese Hideo Kojima, autore dei videogiochi più venduti, fra i quali la serie ‘Metal Gear’, e ideatore anche di ‘Death Stranding’, in cui recitano attori quali Mads Mikkelsen, Norman Reedus e la nominata agli Oscar Lèa Seydoux. “Quello della Mostra è un riconoscimento importante della presenza di autorialità e valori anche nei videogiochi, al pari del grande schermo”, sottolinea Fossetti.
Se con il passare del tempo e l’avanzamento della tecnologia le differenze tra cinema e videogioco continuano ad assottigliarsi, a livello economico il solco continua a crescere a favore di quest’ultimo: “Già da qualche anno l’industria dei videogiochi ha superato per gettito quella del cinema e della musica. Alla fine del 2018, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente, le revenues del settore sono state di 43.8 miliardi di dollari, superando abbondantemente tutta l’industria di Hollywood. Nel 2019, invece, ha superato l’insieme del fatturato di musica e cinema raggiungendo la cifra, abbastanza impressionante, di 152 miliardi di dollari”.
Parallelamente al mercato, è cresciuto anche il settore dell’editoria legato al giornalismo videoludico, di cui oggi, in Italia, Everyeye è leader assoluto. Un percorso ventennale che ha visto diverse piccole testate “dedicate a specifiche console” trasformarsi in un unico portale seguito mensilmente da oltre 13 milioni di persone. “Ci siamo accorti di avere per le mani un’utenza molto ricettiva per quel che riguarda la tecnologia e diverse forme di intrattenimento. Questo ci ha spinto ad aprire le sezioni tech, cinema, serie-tv, manga e anime: da testata molto verticale sul videogioco, quindi, siamo diventati una testata verticale sul mondo dell’entertainment nel suo complesso, e questo ci ha permesso di crescere moltissimo”.
Nonostante la varietà degli argomenti, Everyeye “è rimasto molto attento alla qualità della sua offerta editoriale, puntando sempre all’approfondimento”. Un approccio che i numeri dimostrano essere stato recepito in maniera positiva dal pubblico: “Noi prendiamo un prodotto, che sia videogioco, film o serie-tv, e lo svisceriamo, passando dalla pura critica all’analisi tematica, a quella dei meccanismi produttivi, e via dicendo. Oggi, in Italia, avere 13 milioni di utenti unici mensili è un grosso traguardo ed un bel riconoscimento del lavoro svolto”.
Un’offerta editoriale che non ha subito rallentamenti nemmeno durante il lockdown imposto dalla pandemia: “Come tutti, Everyeye non è stato esente da effetti negativi o ripercussioni economiche, ma abbiamo cercato di mantenere un approccio positivo fin da subito. Sapevamo che il pubblico avrebbe avuto bisogno di notizie diverse rispetto a quelle che venivano quotidianamente (se pur necessariamente) proposte. Volevamo fare da guida, aiutando il pubblico a distrarsi e, su piattaforme che lo prevedono come Twitch (Twitch.tv è una piattaforma di livestreaming di Amazon che consente principalmente lo streaming di videogiochi, ed è leader del settore nelle trasmissioni di eventi e competizioni, ndr.), fornire un contatto diretto e umano, se pur distante. Su Twitch abbiamo quindi esteso la programmazione, più che raddoppiata, facendo 9 ore di diretta continuativa tutti i giorni, anche il fine settimana, per tutti i mesi del lockdown. Un’iniziativa che ha portato ai record di utenti unici in un giorno, settimana e mese”.
Twitch, nonostante la sua crescita, in Italia fa parte di quella categoria di servizi ancora relativamente poco conosciuti e utilizzati: “Senza un impulso esterno a questo mercato – rimarca Fossetti – i tempi di familiarizzazione con un prodotto ed i suoi modi di fruizione si allungano inevitabilmente. In America ci sono media e pubblicazioni più tradizionali come il Washington Post e il New York Times che spingono in questa direzione: i numeri di Twitch negli Usa fanno notizia. Uno streamer come Pow3r (Giorgio Calandrelli) che giocando a Fortnite viene seguito da 70.000 persone, in Italia è sicuramente un evento, ma nessuno lo celebra come tale, se non le testate di settore”.
“È un peccato – sottolinea Fossetti – perché il tipo di interazione che si crea su Twitch è forse unico nel panorama del web. Negli ultimi anni, con l’interazione sempre continuativa ma distante attraverso i social, si sono moltiplicate le reazioni di odio, fastidio e cattiveria”. I famosi haters o leoni da tastiera. “Questo – afferma – perché lo schermo ha sempre rappresentato uno scudo. Su Twitch c’è una possibilità maggiore di instaurare un dialogo, mentre in altre parti del web è quasi un miracolo che due persone che partono da assunti diversi arrivino ad un punto d’incontro”.
I record sono stati registrati durante i mesi di lockdown, ma la colonizzazione di altre piattaforme, di cui Everyeye può definirsi pioniere, è cominciata diversi anni prima: “Intorno al 2014 abbiamo capito che c’era bisogno di essere non soltanto delle firme, ma anche dei volti, imparando a stare di fronte ad una telecamera ed essere in grado di gestire una propria community. Abbiamo quindi dedicato un’unità di produzione a Youtube: fra montaggio, doppiaggio e adattamento dei testi, sono circa sette le persone che seguono esclusivamente quella piattaforma. Su Youtube abbiamo superato i 175 mila follower, mentre su Twitch sono quasi 100 mila. Tra i canali redazionali siamo i primi in Italia per numero di iscritti, ed è stata una sfida quella di esportare i nostri linguaggi e i nostri valori anche su piattaforme con modi di fruizione completamente diversi rispetto a quelli del testo. Un lavoro che non si è mai fermato a livello creativo e di ideazione delle linee editoriali”.
Una linea editoriale che, sul portale principale e solo nella sezione videoludica, porta alla pubblicazione di oltre 60 contenuti al giorno. Numeri secondo Fossetti necessari per poter crescere efficacemente, vista anche la velocità con cui si consumano le notizie sul web, e possibili grazie ad un notevole dispiego di risorse umane: “Calcolando esclusivamente la redazione videoludica, e tralasciando chi si occupa del marketing e dell’amministrazione, siamo quasi una trentina tra redattori principali, newser e freelance. Considerando le altre categorie arriviamo a circa 75 persone in totale”.
Numeri non scontati in Italia, per qualunque tipo di impresa, considerate tutte le difficoltà legate al costo del lavoro: “Noi abbiamo avuto la grande fortuna di avere come capi due imprenditori (che sono Domenico Panebianco e Simone De Marzo, i fondatori di Everyeye e Hidedesign, la società editrice del sito) che hanno sempre investito in risorse umane. Appena c’è stata la possibilità, e prendendosi anche dei rischi di impresa, hanno puntato sulle persone, cercando di fornire loro un certo grado di stabilità. L’effetto è stato quello di permettere ai redattori principali di trasformare quest’attività in un lavoro a tempo pieno, accumulando progressivamente esperienza, con la possibilità di investire risorse ed energie produttive su un unico obiettivo. In Italia è raro trovare esempi del genere: un problema che porta alla difficoltà di professionalizzarsi, limitando la crescita di diversi settori, non solo quello del giornalismo videoludico”, conclude Fossetti.