di Ilaria Floris
“‘Forever’ è un ritorno all’essenziale. E’ un ritorno ad una forma di purezza che spesso è difficile da ottenere nella musica, perché a volte si tende a farsi prendere dall’ansia e a cercare di aggiungere, aggiungere…si va per addizione e mai per sottrazione. Stavolta questo disco nasce dalla voglia opposta. Volevo un po’ spogliare, e credo di esserci abbastanza riuscito”. Così Francesco Bianconi racconta all’Adnkronos ‘Forever’, il primo disco da solista dell’artista che arriva dopo i due progetti con i Baustelle, pubblicato da Ponderosa Music Records/Bmg in uscita domani, 16 ottobre.
Anticipato dall’uscita dei brani ‘Il Bene’ e ‘L’abisso’, e dall’ultimo singolo ‘Certi Uomini’, ‘Forever’ è un album universale e probabilmente senza tempo, dove l’unica cosa che conta veramente, sono le canzoni. Prodotto da Amedeo Pace (Blonde Redhead) e registrato ai Real World Studios di Bath, è un disco scarno negli arrangiamenti e senza la tradizionale ritmica basso-chitarra-batteria, concepito con l’idea di usare la voce come unico elemento percussivo e con la presenza, nel tessuto di base di ogni pezzo, di un quartetto d’archi, il Quartetto Balanescu ensemble, e dei pianisti Michele Fedrigotti e Thomas Bartlett che si alternano nell’esecuzione dei brani.
“Voglio bene a tutte le canzoni -spiega Bianconi- Posso dire quelle di cui vado più fiero dal punto di vista compositivo: amo molto ad esempio Zuma Beach, perché musicalmente è una sorta di piccolo viaggio musicale che cambia sempre, anche compositivamente parlando”. Tra i brani ce n’è anche uno in arabo, una delle piccole chicche dell’album. “Ci sono molto legato perché è una novità, una musica scritta da me e appaltata a una voce molto diversa e lontana dalla mia, ed ho assistito ad una piccola magia, un piccolo miracolo. Vedere come una lingua e un mondo così lontano si sposasse con la mia musica”.
‘L’Occidente in crisi di valori, cultura della disillusione distrugge senza creare’. Nel suo nuovo lavoro Bianconi ha infatti fortemente voluto la partecipazione di altre voci: RufusWainwright, Eleanor Friedberger, Kazu Makino e Hindi Zahra; tutti artisti internazionali con cui ha avuto il piacere di collaborare sia per la scrittura dei brani sia per l’esecuzione della parte vocale.
Sul brano ‘Il Bene’, uno di quelli che ha anticipato l’intero lavoro, dice: “E’ una riflessione su quanto il mondo che conosciamo da un po’ di tempo sia ormai un po’ in crisi di valori, per cui da anni produciamo la cultura della disillusione e del cinismo, della disperazione di massa. La cultura del nichilismo: distruggiamo senza creare. E stiamo assistendo al crollo di tutta una serie di pensieri, a partire dal cristianesimo”.
Sulla musica trap, così diversa dalla sua, l’artista fa un’analisi precisa: “Io credo che il talento non lo si nasconde se lo si ha, emerge sempre sia se si pratica il minimalismo che il suo contrario, come può essere il trap. E’ vero che se si cerca il belcanto non lo si va a cercare nella trap, in cui il cantante usa l’autotune come codice estetico. Io dal canto mio volevo ridurre e andare all’essenziale non per dimostrare alcunché, ma perché era quello che mi sentivo di essere. E’ un periodo della mia vita in cui ho voglia di purezza e semplicità”.