“Speriamo che non succedano imprevisti. Nel caso che ci fosse un positivo verrà in qualche modo ‘confinato’, grazie al fatto che siamo in grado di monitorare gli spostamenti suoi e delle persone con cui è entrato in contatto”. A parlare così dei dispositivi di sicurezza sanitari che verranno messi in campo per la Mostra del Cinema di Venezia è il direttore Alberto Barbera, intervistato dall’Adnkronos a margine della presentazione della Mostra ‘Le Muse Inquiete’ che si inaugura oggi ai Giardini della Biennale per festeggiare i 125 anni della fondazione della Biennale di Venezia.
“Saranno avvisate – spiega Barbera all’Adnkronos – tutte le persone che hanno avuto contatti con l’eventuale positivo e a tutti verrà detto: ‘verificate le vostre condizioni di salute e se vi accorgete di sintomi strani informate le autorità sanitarie che vi diranno che cosa fare’. Questo varrà per tutti i frequentatori della mostra, perché ogni presenza ad ogni conferenza e proiezione sarà tracciata”.
“Tutti auspicano e sperano che questo festival possa essere anche la dimostrazione del fatto che, osservando tutti i protocolli necessari, si possa davvero finalmente ripartire”, afferma Barbera, che sottolinea il ‘coraggio della ripartenza’ incarnato da questa edizione della Mostra: “La Mostra è un segnale di ripartenza dopo mesi di lockdown, di blocco del cinema, di blocco della produzioni, di chiusura delle sale cinematografiche, di cancellazione di festival in tutto il mondo. Noi siamo il primo grande appuntamento internazionale che finalmente si può realizzare, questo è stato percepito come un atto di coraggio da un lato e come un segnale che si può ripartire, ovviamente con tutte le protezioni, la prudenza e le misure di sicurezza dall’altro lato. Il cinema non può restare ancora a lungo in lockdown, perché a rischio c’è la sua stessa sopravvivenza”.
All’inaugurazione ci saranno oltre a Barbera, altri sette direttori dei principali festival di cinema ‘concorrenti’ di Venezia nel mondo, da Cannes a Berlino: “In questo ci ha aiutato anche la pandemia. Dopo anni di competizione, abbiamo ripreso a parlarci, a dialogare, a scambiarci informazioni, a capire insieme cosa si poteva fare, a condividere la promozione di certi film, senza la consueta ambizione ad avere la prima mondiale a danno degli altri. Tutto questo è qualcosa di estremamente positivo. Spero che non rimanga un fatto isolato, che possa rimanere anche in futuro. Abbiamo finalmente iniziato a parlarci seriamente non solo in maniera formale e spero che questo possa essere d’esempio anche per il futuro. L’importante era capire che i festival non esistono per promuovere se stessi o i direttori che li realizzano ma che sono un servizio. Un servizio per i registi, per gli autori, per i produttori, per l’intera industria del cinema. Siamo qui per far conoscere i film, per educare il pubblico, per formare i giovani al piacere della visione della bellezza e della ricchezza dell’esperienza cinematografica. E allora se questo è l’obiettivo principale, che dovrebbe essere di tutti, non vedo perché dobbiamo farci della concorrenza. Dobbiamo collaborare e trovare anche forme nuove per fare meglio il nostro lavoro”, conclude Barbera.
di Paolo Martini