Che cos'è l'American Dream? A qualcuno verrà in mente il discorso di Martin Luther King del 1963, qualcun'altro penserà a Barack Obama, per altri l'incarnazione del sogno americano è magari quella del nonno che è emigrato nel dopoguerra in cerca di fortuna, con una valigia di cartone in mano e tanta speranza nel cuore.
Certamente Hollywood questo sogno ha tentato di raccontarcelo in tutte le salse e a noi è piaciuto, tanto che lo abbiamo assimilato come se fosse un concetto della nostra cultura: forse perchè anche proprio grazie alla macchina dei sogni, il cinema, questa cultura è diventata un modello di riferimento unico.
E' nelle sale italiane da oggi The Founder, con Michael Keaton nei panni di Ray Kroc, un venditore di frullatori che fiuta l'affare nel chiosco di hamburger dei fratelli Mc Donald: lo abbiamo visto, in una delle clip che anticipavano l'uscita, chiedere agli sprovveduti fratelli McDonald di dargli retta, di esportare il loro marchio, “per il bene dell'America”.
E se Ray Kroc e la sua testardaggine hanno regalato al mondo McDonald's, abbiamo visto sul grande schermo anche la storia del genio del XXI° secolo, Steve Jobs, che dal garage di casa sua è entrato dritto nella storia dei nostri giorni. Non sappiamo se finirà nei libri di storia, ma intanto la sua vita è già finita in un film all'età di 32 anni: lui si chiama Mark Zuckemberg e forse tra 100 anni non lo ringrazieremo per aver inventato Facebook, intanto però lui era un ragazzo come tanti e il suo “american dreams” si sta ancora realizzando, giorno dopo giorno.
Queste sono solo alcune delle tante storie raccontate dal cinema americano per santificare il suo filone più rappresentativo: c'è il bambino con problemi di apprendimento che arriva a stringere la mano al presidente degli Stati Uniti, Tom Hanks in Forrest Gump; c'è l'esule cubano ex lavapiatti che diventa ricchissimo e potente grazie al crimine, Al Pacino in Scarface; c'è il pugile italo-americano che dopo una vita di lavoro e soprusi diventa il simbolo dell'America che vince contro il cattivo (e baro) russo, Sylvester Stallone in Rocky.
E di base c'è il grande affetto che lega il pubblico mondiale a questa rappresentazione del sogno, che a ben vedere ha preso vita proprio da quel discorso memorabile di Martin Luther King: lui aveva un grande sogno che è diventato realtà e a tutti noi piace pensare che anche i nostri sogni possano diventarlo, senza bisogno di formule magiche o di stratagemmi ma solo grazie a noi stessi e al nostro coraggio.
La vita di tutti i giorni è un'altra cosa, ma a cosa serve il cinema se non a sognare?