(Adnkronos) – L’architetto giapponese Arata Isozaki, archistar dei progetti utopico-programmatici, autore di più di cento edifici in Asia, Europa, America e Australia, è morto oggi a Tokyo all’età di 91 anni. Nel 2019 aveva ricevuto il prestigioso Premio Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura, mentre nel 1996 Leone d’oro alla Mostra internazionale di architettura di Venezia. La conferma della scomparsa è stata data un portavoce del suo studio alla stampa spagnola e all’agenzia Efe.
Prolifico architetto, ma anche impegnato teorico, Arata Isozaki ha partecipato attivamente al processo di ricostruzione postbellica, contribuendo alla radicale modernizzazione del Giappone. Indipendente e anticipatrice di nuove tendenze, la sua architettura è eterogenea, caratterizzata da varie fasi, dalla sperimentazione estrema al gusto storicizzante per la citazione. Isozaki ha operato all’insegna di un fertile scambio tra il dibattito orientale e quello occidentale.
Il suo nome è diventato noto al grande pubblico in Italia per un suo progetto che nel 1998 vinse la gara internazionale per la nuova uscita monumentale degli Uffizi a Firenze, che è stato completato fino al progetto esecutivo, ma non realizzato. Da allora è stato oggetto di polemiche e controverse: nelle ultime settimane il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha ripetuto più volte che il progetto non verrà realizzato dal nuovo governo. In Italia, dove dal 2005 ha aperto a Milano lo studio Arata Isozaki & Andrea Maffei Associati, ha realizzato progetti di riqualificazione urbana destinati a ridisegnare gli scenari di alcuni quartieri, tra essi: l’area Pirelli di Milano (2001); il Palahockey olimpico di Torino (2002-06); la Fiera campionaria di Milano City Life (dal 2004). Ha inoltre vinto i concorsi per la realizzazione della nuova stazione centrale di Bologna (2008), la sede della Provincia di Bergamo (2009), della Biblioteca comunale di Maranello (2011). Isozaki ha progettato con Andrea Maffei inoltre la Torre Allianz (soprannominata il Dritto), il grattacielo di Citylife a Milano affiancato da lo Storto e il Curvo.
Tra le numerose ed eterogenee realizzazioni del XXI secolo di Isozaki si segnalano il centro culturale di Shenzhen in Cina (1997-2003); il centro culturale a Shizouka in Giappone (2000); la Qatar National Library (2002); il Weill Cornell Medical College (2004) a Doha; il Museum of Contemporary Art (2003) a Pechino; l’Hotel Puerta America (2004-05) a Madrid.
Tra le numerose realizzazioni architettoniche di Isozaki figurano il Centro medico di Oita (1961-66); il Piano di espansione della città di Skopje (1965-66) cui ha lavorato come esponente dello staff di Tange; una serie di sedi della Banca Sogo di Fukuoka (sede centrale, Tokyo, Nagasumi, Saga, Ropponmatsu) eseguite tra il 1968 e il 1973; il Museo d’arte moderna della Prefettura di Gumma (1972-74); il Museo d’arte e la Biblioteca Centrale della città di Kitakyushu (1972-74); l’edificio Shuko-sha a Fukuoka (1974-75); il Centro generale per esposizioni del Giappone occidentale (1975-77); la casa Kaijima a Tokyo (1976-77); il municipio di Kamioka (1976-78); la casa Hayashi presso Fukuoka (1977); il Centro audiovisivo di Oita (1977-79); l’edificio della Nippon Electric Glass Co.Ltd a Otsu (1977-80); il Museo d’arte contemporanea di Los Angeles (1981-86); il palazzo dello sport San Jordi a Barcellona (1984-90); l’Art Tower a Mito-Ibaragi (1986-90); il centro di conferenze di Kitakyushu (1987-90).
Nato a Oita (isola di Kyushu) il 23 luglio 1931, Isozaki si è laureato nell’Università di Tokyo, lavorando poi con Kenzo Tange dal 1954 al 1963, anno in cui ha aperto il suo studio (Arata Isozaki Atelier) a Tokyo. Ha tenuto cicli di lezioni in varie università americane e le sue opere sono state esposte in numerose mostre di architettura in varie parti del mondo. Vincitore di premi nazionali e internazionali (nel 1986 aveva ottenuto la medaglia d’oro del Riba, il Royal Institute of British Architects) era membro del Building Council del Giappone, socio onorario dell’Accademia Tiberina a Roma, dell’Istituto Americano degli Architetti, del Bund Deutscher Architekten e Cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres della Repubblica francese.
Anticipata dall’interesse per il tema delle rovine (un’eco delle distruzioni di Hiroshima è Electric Labyrinth esposto alla Triennale di Milano del 1968), la prima fase di attività di Isozaki è caratterizzata da progetti utopico-programmatici in linea con le posizioni del gruppo inglese Archigram e con le proposte del gruppo giapponese Metabolism. Emblematici sono i vari disegni dell’Aerial City: in particolare i due che propongono la città come risultante di un confronto dialettico tra elementi cilindrici verticali, ai quali si agganciano le aeree strutture del tessuto insediativo, e i paesaggi di rovine archeologiche o di preesistenti ma indistinti tessuti urbani.
Ne sono evidenti numerosi riferimenti, espliciti o impliciti, ad architetti della ”prima età moderna” o dei primi anni del XX secolo (da A. Loos a Le Corbusier, ecc.). Ma è altrettanto evidente la sintassi combinatoria di volumi elementari (soprattutto il cubo e il cilindro), sviluppati lungo direttrici e generatrici ad andamento lineare, curvilineo, sinusoidale, ad avvolgimento.