“Dal simposio, tenuto al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è emerso che la nostra tesi, che attraverso lo studio di particolari nascosti nelle opere d’arte accostava il mito Gorgoni di Sicilia alla Medusa di Caravaggio, attraverso un file rouge simbolico, è confermata grazie anche a diverse prove storiche antecedenti. Tra queste, una pittura su vaso calcidese, dipinto intorno alla metà del VI sec. a.C., che conferma le ipotesi che il vulcano Etna è il simulacro che ispira la Medusa. Inoltre, nella stessa rappresentazione su fondo ocra, si possono apprezzare altri dettagli che evocano un altra figura rilevante del mito, il “Cavallo Alato” di Perseo, Pegaso, il figlio di Medusa. Altro dettaglio importante, che emerge da un’analisi tecnica dettagliata dell’opera di Caravaggio è che ha anticipato secoli prima il fuori campo cinematografico”. Lo dice lo studioso Giovanni Taormina che coordina il “Gruppo Arte 16” di Palermo ed ha organizzato al Ministero dei Beni Culturali un evento con altri relatori come il noto storico dell’arte Stefano Zuffi, il musicista Costantino Mastroprimiano, l’artista ritrattista, Giuseppe Tedeschi, il paleopatologo Francesco Maria Galassi, e l’antropologa Elena Varotto, per presentare uno studio multidisciplinare ed evidenziare importanti scoperte nel mondo dell’arte.
“Dallo studio e dalle comparazioni con testimonianze storiche come la pittura vascolare citata in precedenza – prosegue Taormina – abbiamo avuto conferma della nostra tesi, esaminando il luogo in cui si ambienta la metafora della Gorgone, ma anche quella del figlio della Medusa, Pegaso, il “Cavallo Alato” alato nato dalle gocce ematiche gocciolate in terra dopo la decapitazione di Medusa. Dallo studio di vaso calcidese, che simboleggia la lotta tra Zeus e Tifeo, abbiamo focalizzato alcuni dettagli che evocano vicende legate al racconto di Medusa. Qui, Tifeo è descritto con attributi che evocano gli stessi che hanno reso famosa e terrificante la Medusa, i serpenti. Altro particolare che si evince sono le orecchie equine, metafora che evoca il “Cavallo Alato” di Perseo”.
“A rafforzare l’idea che vi sia racchiusa anche la metafora di Pegaso, ci sono poi le ali di Tifeo. Ovviamente qui potrebbero simboleggiare la capacità di sapersi elevare in cielo, il mito vuole che la gigantomachia sia la metafora delle esplosioni vulcaniche che con le loro colonne di fumo, soprattutto in presenza di nuvole sopra l’Etna, sembra che cielo e terra siano saldate da questa colonna di fumo. (Tifeo d’altronde nel mito è associato alla Metafora del vulcano). Se gli attributi con cui si raffigura il magma sono i serpenti, allora le considerazioni sono ovvie, le colate laviche sono i serpenti di Medusa, ecco perché la metafora parla di pietrificazione. Ovviamente nella storia del culto e delle religioni sussistono hanno anche aspetti più profondi che si legano anche al rito, che verrà soppresso proprio dal culto a Zeus. In fondo la lotta tra i titani, oltre a simboleggiare gli eventi naturali potrebbe simboleggiare la soppressione di un culto si vulcani”, dice lo studioso.
Lo storico dell’arte Stefano Zuffi ha commentato “l’impressionante Medusa di Caravaggio ha un’elevata simbologia, nasce sulle soglie del Seicento come “rotella”, lo scudo di gala del granduca Ferdinando di Toscana: un’occasione particolare, ma che non deve lasciar pensare a un tema isolato: da Cellini a Rubens, la testa mozzata della Gorgone compie una traiettoria importante nella transizione tra pieno Rinascimento e inizio dell’età barocca. Il soggetto classico non è solo uno sfoggio di erudizione umanistica, ma un simbolo forte ed esplicito in un tempo di guerre di violenze”.
“Un altro aspetto tecnico che abbiamo rilevato questa volta nel dipinto di Medusa –prosegue ancora Taormina, – è il concetto rivoluzionario di fuori campo, un sistema che sarà adottato secoli dopo dalla cinematografia”. Fuori campo tutto ciò che accade fuori del campo visivo ma è presente nell’immaginario spazio adiacente attraverso comportamenti e posizionamenti degli attori. Il fuori campo viene spesso descritto, tramite le tecniche cinematografiche, in maniera che possa essere immaginato e ricreato dalla fantasia dello spettatore Lo stesso avviene nel dipinto di Medusa osservandone la posizione e gli occhi, facendo sottintendere numerose situazioni”.
D’accordo l’artista Giuseppe Tedeschi addetto di anticamera di Sua Santità Papa Francesco Bergoglio, che evidenzia gli aspetti storici e tecnici pittorici della questione sottolineando: “attraverso un dono del Cardinale Francesco Maria del Monte a Ferdinando I de’Medici, la testa della Gorgone di Caravaggio, un capolavoro universale dell’arte, si può percorrere un viaggio nella committenza dell’epoca, i suoi meccanismi e le sue logiche. Analizzando l’opera si possono comprendere le tecniche della percezione pittorica paragonabili ai meccanismi della genesi del mito stesso nella storia dell’umanità. “Pareidolia” come parola chiave sia per la percezione dell’uomo e dell’artista e la necessità di rendere comprensibile l’incomprensibile, sia per lo studio dell’antropologia del mito, l’origine di questo e la sua genesi. Il Mito come “pareidolia cognitiva”, quindi e come approccio scientifico alla comprensione della realtà. In un epoca che va dal Rinascimento al Barocco, in cui tutte le arti sono intimamente connesse, e gli artisti sono geni poliedrici e polifacetici, sullo scudo mediceo si accende, come fosse uno schermo cinematografico una vera rappresentazione teatrale, che ci mostra la modernità di Caravaggio regista”. Il professor Costantino Mastroprimiano, noto musicista, fa lo stesso confronto partendo anche dal punto di vista musicale, poiché spiega: “una composizione si ascolta, per poter valutare la bellezza. Eppure non basta. La musica, al pari della pittura o della scultura, contiene codici che sono identificabili anche con lo “sguardo” sulla partitura. Uno sguardo non soltanto agli artifici della composizione, ma ad elementi che sono i presupposti delle modalità con le quali la tecnica compositiva è applicata e applicabile”.
Il professore Francesco Maria Galassi e la dottoressa Elena Varotto, hanno spiegato invece come “il mito della Medusa possa essere esaminato a vari livelli, incluso quello storico-medico e anatomico. Lo si può fare esaminando le antiche concezioni sulla rigenerazione dei tessuti enunciate dagli antichi Greci, i quali notarono come in alcuni rettili esistevano proprietà rigenerative. Queste concezioni furono poi estese anche al mito e se ne trova traccia per esempio nel mito della rigenerazione epatica in Prometeo. Applicando una analisi multidisciplinare al mito è possibile ricavare informazioni capaci di gettare un ponte tra scienze biologiche e storico-archeologiche”.