Medvedenko — Ma perché andate sempre vestita di nero?
Maša — Perché sono infelice. Porto il lutto per la mia povera vita.
Tra i grandi e intramontabili classici della storia della letteratura mondiale, Il Gabbiano di Cechov vive di nuova linfa al Teatro Stanze Segrete di Roma fino al 16 dicembre, con la regia di Ennio Coltorti e una nutrita squadra di attori: Patrizia Bellucci, Pietro Biondi, Ennio Coltorti, Jesus Emiliano Coltorti, Antonio Coppola, Matteo Fasanella, Maurizia Grossi, Marco Lupi, Marco Mete, Giulia Shou, Virna Zorzan.
Lo spazio intimo e unico di Via della Penitenza, quest’anno a 20 anni di direzione di Ennio Coltorti, per ospitare la storia di Konstantin Gavrilovič Treplev e Nina Michailovna Zarečnaja si trasforma, proponendosi al tempo stesso come teatro e salotto, con entrate e uscite perfettamente orchestrate, modulandosi sulle necessità di uno spettacolo che vede in scena 11 attori tra cui uno dei doppiatori italiani più noti: Marco Mete.
La riduzione del testo del 1895, lo ripropone in maniera attenta e fedele, rendendo giustizia a uno di quei capolavori spesso “riadattati” in maniera poco credibile.
In questo caso, al contrario, gestendo con perizia gli attori in scena – operazione non facile dati gli spazi angusti e la quantità di personaggi – Ennio Coltorti colpisce l’obiettivo di palesare l’attualità del testo, mantenendo gli input originali, evidenziando un parallelo di gioventù in crisi e indolenza contemporanea, tra una società di sovrastrutture e pregiudizi, amori e schemi borghesi.
L’amore travagliato, ma anche la difficoltà di accettazione di nuove forme artistiche, tra i temi principali del Gabbiano, trovano il giusto compimento per una messinscena del testo di Cechov che diventa quindi piacevole per gli amanti della letteratura e dell’autore russo, ma anche per i non cultori del genere che trovano qui un’occasione per avvicinarvisi senza difficoltà.