(Adnkronos) –
Con la pandemia è comparso il med-influencer, cioè il medico che comunica sui social. Nella classifica si vede che tra maggio e settembre 2022 al primo posto è fisso l’infettivologo Matteo Bassetti con 263mila interazioni. Segue, con 150-200mila interazioni, la nutrizionista Silene Pretto, precedentemente al terzo posto, che contende la seconda posizione a Monica Calcagni, ginecologa molto attiva su Tik Tok. Ci sono poi degli esperti di settore come Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, e perfino, prima della tornata elettorale, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza. Sono i dati registrati da Sensemakers e ComScore Italia, presentati durante il Talk ‘Dott. Google e gli altri: come si informano gli italiani’, nono webinar promosso e organizzato da Alleati per la Salute, il portale dedicato all’informazione medico-scientifica sostenuto da Novartis. 

Durante l’incontro – moderato dal giornalista Federico Luperi, Adnkronos consultant, e trasmesso in diretta streaming nei canali social di Adnkronos e disponibile nel portale alleatiperlasalute.it – hanno commentato i dati l’esperto nell’analisi dei media Fabrizio Angelini, Ceo Sensemakers e ComScore Italia, e Tonino Aceti, fondatore e presidente di Salutequità.  

“Il social – spiega Angelini – è l’ambiente dove le persone trascorrono più tempo, non solo i giovanissimi. Facebook è sicuramente il social delle persone più grandi, Instagram è più sull’edonismo e visual e abbraccia età più giovani. Va benissimo su tutte le generazioni ed è prevalentemente usato dai giovani TikTok. Molti di questi influencer, specie i medici, hanno beneficiato dell’esposizione televisiva e massmediatica. Tendenzialmente la televisione è ancora un medium forte che crea i personaggi. Poi ci sono persone autorevoli nel loro campo. I numeri sembrano alti, ai profani, ma hanno visualizzazioni non elevati. Si tende ancora a cercare informazioni di carattere medico in ambienti molto più istituzionali”. 

Il social è più di intrattenimento e svago. “Tendenzialmente – sottolinea Angelini – gli influencer possono guidare il comportamento dei follower anche su altri campi. Il Governo a un certo punto cercava Ferragni e Fedez per promuovere la vaccinazione. Questi quindi potrebbero diventate soggetti rilevanti su temi della salute, pur essendo personaggi senza alcuna competenza sanitaria. Uno dei post più seguiti e dibattuti è quello di Fedez relativo alla sua patologia, e ci vedo connotazioni positive, ma bisogna stare attenti perché persone sinceramente convinte su alcune posizioni – riflette – possono spostare le masse”. 

Sicuramente ci sono aspetti nei social “che possono essere capitalizzati – osserva Aceti – come l’importanza di arrivare a tante persone. La necessità di creare una comunità tra i pazienti che possano dialogare, scambiarsi esperienze, è sicuramente uno dei mandati più grandi delle associazioni e si fanno attraverso i social, oltre che con il web. Anche la lobby civica passa attraverso la capacità che le comunità hanno sui social. Si fanno campagne sui diritti delle persone, via social, ma servono anche per aggiornare su novità terapeutiche, diritti e modalità di accesso ai servizi. Sono cose che sembrano scontate, ma non lo sono. E’ molto carente l’informazione istituzionale sull’accesso ai servizi”. 

Proprio le istituzioni stanno aumentando molto l’utilizzo dei social, “ma è un aggiornamento sulle attività che svolgono – precisa Aceti – Usano un modo troppo autoreferenziale, con un linguaggio non sempre comprensibile e molto burocratico. Stanno imparando, ma dovrebbero utilizzare un registro adeguato al target. Alcune volte sulla salute c’è una comunicazione per addetti ai lavori, non per il consumatore di salute”. 

Sulla qualità e attendibilità dell’informazione, sicuramente “il consumo si sta orientando su fonti autorevoli e certificate – rileva Angelini – Si distinguono siti specialistici di testate di settore con redazioni mediche o esperti di medicina che li alimentano: è molto importante perché l’algoritmo di Google ne tiene conto. Ad oggi non ci sono meccanismi che garantiscano autenticità e autorevolezza dell’informazione: è lasciato al fruitore dell’informazione. L’ambiente social – fa notare – è più a rischio rispetto al web. Sui social però passiamo più tempo e accediamo alle informazioni con un funzionamento più condizionato dalle piattaforme. L’accortezza sui social deve essere più importante”. 

Il problema delle fake news “è ancora attuale – avverte Aceti – Non c’è un sistema di certificazione dell’affidabilità dei contenuti dei siti web e questo è un punto di fragilità su cui bisogna lavorare come su quello dell’alfabetizzazione sanitaria, sviluppare una capacità critica dei cittadini”. 

In proiezione, “non si può tornare indietro – conclude il presidente di Salutequità – Ci sono molti investimenti sulla sanità digitale con il Pnrr, ma nella telemedicina, che durante la pandemia è stata molto utilizzata, ci sono segnali che si sta tornando un pochino all’ordinario: se questo accadesse sarebbe un problema. Le politiche sono tracciate: più digitalizzazione, telemedicina, teleconsulenza e telemonitoraggio, ma se nelle organizzazioni sanitarie non si coglie l’opportunità, con le dovute accortezze, non abbandonando cioè la visita in presenza, ma inserendo l’uso di strumenti digitali, si potrebbe incrementare il rapporto medico-paziente”.