(Adnkronos) – Dal ‘pancreas fantasma’, un organo artificiale in cantiere per allenare i chirurghi del futuro, allo studio di nuovi marcatori-spia utili a personalizzare il percorso di cura, fino all’utilizzo degli algoritmi dell’intelligenza artificiale per evitare le complicanze post-operatorie. Humanitas affila le armi contro il cancro al pancreas, il big killer dell’oncologia che anche in Italia fa registrare numeri in crescita e che nel Paesi occidentali in generale, entro il prossimo decennio, scalerà la classifica dei tumori più mortali passando dal quarto al secondo posto. L’Irccs di Rozzano, alle porte di Milano, e la Fondazione Humanitas per la ricerca fa il punto sulle strategie in campo nella lotta al carcinoma pancreatico alla vigilia del 17 novembre, Giornata mondiale dedicata.  

Fra le novità all’orizzonte c’è un ‘panthom di pancreas’ per migliorare gli interventi anti-cancro e la preparazione dei chirurghi. Grazie al sostegno di Humanitas Research Foundation e alla collaborazione tra Humanitas University, Istituto clinico Humanitas e Politecnico di Milano, è nato infatti un laboratorio per la caratterizzazione biomeccanica del tessuto pancreatico, allo scopo di creare un modello fisico dell’organo (un phantom, appunto), realizzato in materiale artificiale e da impiegare sia nel training di chirurghi e specializzandi sia per individuare strumenti specifici di chirurgia pancreatica, come ad esempio colle e fili di sutura con caratteristiche particolari. “La chirurgia del pancreas è una delle più complesse – spiega Alessandro Zerbi, responsabile della Chirurgia pancreatica Humanitas e docente Humanitas University – sia per la sede sia per le caratteristiche dell’organo, i cui tessuti sono particolarmente fragili e delicati. Inoltre molto spesso gli strumenti e i materiali utilizzati per la chirurgia pancreatica non sono progettati per il pancreas, bensì pensati per altri organi e successivamente adattati. Ma ogni organo ha caratteristiche anatomiche e funzionali specifiche, e il pancreas produce il succo pancreatico che è molto corrosivo e in grado di erodere le suture dopo un intervento, con il rischio di emorragie o infezioni”.  

“Grazie a uno speciale macchinario di prova, è possibile studiare piccole porzioni di tessuto pancreatico e identificare caratteristiche quali modulo elastico e resistenza meccanica, per poi arrivare a elaborarne la completa caratterizzazione – racconta Maria Laura Costantino, docente di Bioingegneria industriale e responsabile del Laboratorio Artificial Organs del Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria chimica ‘Giulio Natta’ del PoliMi – In questo modo sarà possibile individuare materiali innovativi e specifici da utilizzare per lo sviluppo di un modello fisico in materiale polimerico che riproduca esattamente la forma e le caratteristiche tattili, elastiche e di resistenza del pancreas, così che il chirurgo possa confrontarsi con l’organo anche al di fuori della sala operatoria. Un passo avanti importante”. 

Poi ci sono le promesse dell’intelligenza artificiale, l’Ai che permette di ricavare informazioni utili anche da una casistica ridotta qual è quella del tumore del pancreas, in aumento e tuttavia relativamente poco diffuso. Nell’ambito di uno studio finanziato dai fondi 5×1.000 e realizzato con il supporto dei data scientists dell’Humanitas Ai Center, “il nostro obiettivo è elaborare una capacità di predizione pre-operatoria superiore a quella in uso finora – riferisce Giovanni Capretti, ricercatore e chirurgo generale specializzato in patologia pancreatico-duodenale presso l’Irccs Humanitas – in modo da poter valutare per il singolo paziente la probabilità di comparsa di complicanze e la loro gravità, e da mettere in atto provvedimenti per limitarle. Per farlo applichiamo algoritmi di Ai ai dati clinici e agli esami di imaging pre-intervento, come la tomografia computerizzata. L’utilizzo dell’Ai consentirà in futuro di ottimizzare il percorso di diagnosi e di trattamento del singolo paziente che potrebbe in alcuni casi, ad esempio, non prevedere l’intervento chirurgico, ma solo trattamenti radio o chemioterapici”. 

Un terzo filone di ricerca punta a personalizzare diagnosi e terapie. “In Humanitas – riporta Federica Marchesi, docente di patologia generale all’Università degli Studi di Milano e ricercatrice all’Istituto clinico Humanitas – siamo impegnati in diversi progetti di ricerca dedicati all’identificazione di marcatori prognostici, soprattutto di tipo metabolico e immunologico: molecole individuate nei campioni di tumore prelevati con la biopsia, che ci permettano di predire in anticipo, paziente per paziente, la risposta alle terapie. Per identificarli analizziamo sia il tessuto tumorale sia il microambiente in cui il tumore prolifera, incluse le cellule del sistema immunitario, attraverso sofisticate tecniche multidimensionali”. 

Un altro progetto di ricerca traslazionale nato dalla collaborazione tra i chirurghi del pancreas e i ricercatori dell’Irccs Humanitas riguarda il ruolo della fibrosi nel cancro del pancreas. Con il termine fibrosi – ricordano da Humanitas – si intende l’ispessimento dei tessuti e la formazione continua di cicatrici, causati dall’attivazione immunitaria e dallo stato infiammatorio che accompagna il tumore. Si tratta di un fenomeno particolarmente accentuato nel carcinoma del pancreas, per via delle caratteristiche dell’organo, e con un ruolo ancora poco compreso nella progressione della malattia. Il programma di studi viene portato avanti dal gruppo di Zerbi insieme a Sara Lovisa, esperta di fibrosi rientrata in Italia dal Md Anderson Cancer Center di Houston, Usa, grazie un finanziamento ‘Start-Up’ di Fondazione Airc, con cui sta avviando il suo laboratorio indipendente presso l’Istituto clinico Humanitas. 

Un altro obiettivo è combattere l’attacco dei super batteri, causa di infezioni resistenti agli antibiotici, per migliorare la prognosi delle operazioni chirurgiche al pancreas. Prima della rimozione del tumore pancreatico, infatti, alcuni pazienti devono essere sottoposti a un intervento endoscopico per l’applicazione di stent biliari necessari a tenere aperte e in funzione le vie biliari ostruite dal tumore. Può accadere però che batteri provenienti per lo più dall’intestino aderiscano alla superficie dello stent e producano il cosiddetto biofim, uno strato di protezione che inibisce l’azione degli antibiotici e ostacola il sistema immunitario, facilitando lo sviluppo di infezioni resistenti. Grazie all’impiego di modelli matematici e all’utilizzo di dispositivi microfluidici, all’interno di una collaborazione interdisciplinare tra i chirurghi e il gruppo di ricerca di Roberto Rusconi, responsabile del Laboratorio di Fisica applicata, Biofisica e Microfluidica dell’Irccs Humanitas, si stanno studiando i meccanismi di adesione dei batteri allo stent e come impedire la formazione del biofilm. 

Infine una notizia pubblicata di recente sugli ‘Annals of Surgery’: l’autotrapianto di isole pancreatiche per ridurre le complicanze degli interventi più complessi. Un team di ricercatori del San Raffaele Diabetes Research Institute (Dri) e di chirurghi del Pancreas Center dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Irccs Istituto clinico Humanitas ha dimostrato che è possibile ridurre le complicanze di alcune operazioni particolarmente ‘difficili’ rimuovendo completamente il pancreas e utilizzando allo stesso tempo l’autotrapianto delle isole pancreatiche del paziente, per conservare la produzione di ormoni pancreatici, insulina e glucagone necessari a regolare il controllo della glicemia.