(Adnkronos) – Omicron è dominante in Italia anche nelle terapie intensive, piene soprattutto di pazienti Covid non vaccinati, per cui la variante non è un banale raffreddore. “Una serie di studi che stiamo portando avanti ci dicono che sui non vaccinati Omicron non fa differenza, non è meno pericolosa di Delta: 2/3 dei quasi 4/5 dei pazienti Covid in terapia intensiva sono Omicron, si tratta di non vaccinati e pazienti fragili. Per loro, quest’ultima variante è tutt’altro che un raffreddore”. Lo sottolinea all’Adnkronos Salute Antonino Giarratano, presidente della Siaarti, la società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, che sta collaborando con l’Istituto superiore di sanità per valutare l’incidenza delle varianti all’interno delle terapie intensive.  

“Essendo molto più trasmissibile, Omicron ha determinato un contagio diffusissimo anche fra bambini e adolescenti, fra cui la percentuale di casi gravi è bassissima, solo un 5% ha sintomi significativi. Ma sui non vaccinati non è così – rimarca – abbiamo una situazione sovrapponibile alle precedenti ondate. Nella nostra rete di terapie intensive, vedendo pazienti in condizioni gravi, non registriamo differenze fra Omicron e le altre varianti. I numeri sono certamente lontani da quelli delle precedenti ondate, ma se il mondo circostante ha ripreso a vivere senza problemi, come se il Covid non ci fosse più, negli ospedali e nelle terapie intensive si continua a lottare. Continuiamo a vedere la coda dell’ultimo picco di casi e a contare ancora tanti decessi, la mortalità fra i non vaccinati in terapia intensiva resta molto elevata”, aggiunge Giarratano.  

Per l’intensivista, “entro 30-40 giorni potremmo essere fuori da quest’ultima ondata, ma per vedere gli effetti sull’occupazione delle terapie intensive ci vorrà più tempo”.  

“Siamo stati chiamati eroi, ma il no ai ristori per le famiglie dei medici morti per Covid e quello che sta succedendo con i fondi del Pnrr sono chiari segnali di una gratitudine solo a parole. Sono brutti segnali del fatto che presto non saremo più considerati”, dice con una punta di amarezza Giarratano, commentando infine la bocciatura, in Senato, del subemendamento che prevedeva i ristori per le famiglie dei medici che hanno perso la vita durante la pandemia. Il medico pone anche la questione del Pnrr in sanità. “Sta viaggiando, a seconda delle Regioni, con 20 modalità diverse di spesa per migliorare la medicina territoriale, la dotazione tecnologica, la formazione. Non c’è uniformità né controlli, ma soprattutto ci sono Regioni che stanno utilizzando i fondi del Pnrr solo su base politica, senza coinvolgere operatori sanitari e società scientifiche, ma nemmeno i tecnici. Così si rischia di bruciare questa mole di risorse mai vista e di allargare il divario fra le regioni, e di trovarsi alla prossima pandemia con un sistema sanitario non adeguato perché noi medici non abbiamo un ruolo nelle scelte del Pnrr. E saranno sempre le stesse figure professionali a pagare”.