di Ilaria Floris
“Al Governo faccio l’appello di preoccuparsi in qualche modo della vita e della sopravvivenza del teatro italiano. Perché il teatro occupa decine e decine di migliaia di operatori, tra tecnici, attori, registi: lasciarlo andare alla deriva significa intanto fregarsene della sorte di tanta gente, che spesso lavora per passione e non per guadagno; e poi, un paese come l’Italia che lascia affogare la sua parte artistica, cinematografica, culturale, ma che paese è?”. E’ lo sfogo di Pierfrancesco Pingitore che, conversando con l’Adnkronos, esprime la sua amarezza per la chiusura del celebre Salone Margherita, il meraviglioso teatro liberty nel centro di Roma che il regista, sceneggiatore e autore ha animato per decenni e che ora chiude definitivamente i battenti.
“Dal Sistina, che forse non riaprirà, al Brancaccio, ora il Salone Margherita… trascurare questi beni preziosissimi è una cosa da selvaggi, da primitivi, da gente che non cura il proprio patrimonio artistico e anche spirituale”, è l’affondo di Pingitore. Che analizza la situazione generale del teatro italiano: “Per il teatro è un momento tragico. Con la limitazione dei posti dovuta al covid, con la paura che ha la gente, è molto difficile e complicato per chi fa teatro. Ma, come per il cinema, questo sembra non interessare a nessuno. Fra tutte le disposizioni che vengono date dal governo, dai ministeri, non c’è una parola sul teatro, non c’è una parola sul cinema, a parte le limitazioni dei posti”, spiega.
La chiusura del Salone Margherita, di proprietà della Banca d’Italia, non è stata una doccia fredda: la Banca aveva già annunciato due anni fa la volontà di rescindere il contratto con l’attuale gestione e di metterlo in vendita, ma il maestro Pingitore tiene a chiarire alcuni aspetti: “Il Salone Margherita è un esempio unico di teatro liberty esistente forse in Europa così tenuto e conservato – dice – La Banca d’Italia è certamente proprietaria e nessuno si sogna di contestarlo, ma deve fare in modo che questo teatro rimanga teatro, perché questo è stabilito dalla legge. Perché il Salone ha una destinazione d’uso, ed ha una iscrizione ai Beni Culturali come patrimonio artistico italiano”.
“Il nostro contratto è finito e va bene, ma loro hanno detto che continueranno, che il Salone possa avere una sua attività continuativa. Lo daranno non più in gestione ma lo affitteranno per spettacoli, manifestazioni e altro. E noi saremo i primi a richiedere che il teatro ospiti i nostri spettacoli -spiega- L’importante è che non sia chiuso, l’importante è che non diventi il regno della muffa, che non sia dato a persone che non rispettino questa destinazione. E’ un fatto giuridico, ma anche e soprattutto un fatto culturale di conservazione, di preservazione di un patrimonio di un teatro importantissimo, forse il più bello che esista a Roma”.
Il Salone Margherita, un gioiello liberty nel pieno centro della Capitale, per tanti anni è stato un punto di riferimento per lo spettacolo romano e non solo. Su quel palco si sono avvicendati tantissimi attori e artisti di grandissimo valore, da Oreste Lionello a Pippo Franco, a Leo Gullotta, Gabriella Ferri, solo per dirne alcuni. Le emozioni dello sceneggiatore e autore che lo ha riempito con i suoi show, ora sono forti e amare.
“La mancanza si farà sentire andando avanti col tempo -dice Pingitore all’Adnkronos- In questo periodo il teatro è rimasto chiuso per il covid. L’inverno sarà la stagione un po’ più dura, perché per noi è sempre stato il periodo dei nostri grandi spettacoli, delle nostre performances che duravano mesi”.