dall’inviata Ilaria Floris
“Ci sarà una regolamentazione giustamente rigidissima. Noi siamo sottoposti quasi quotidianamente a controlli approfonditi, tutta la troupe è in regime di sicurezza perché sono tutti bardati e settimanalmente fanno il test, sia il sierologico che il tampone. C’è un grande dispendio di energie, anche economiche, però tutti quanti sentiamo quanto questo sia necessario perché la macchina non si arresti anzi riparta con maggiore entusiasmo”. A raccontare all’Adnkronos come si prepara a tornare sul set di ‘Gomorra’, esattamente fra tre giorni, per dirigerne i primi 5 episodi dell’ultima serie è Marco D’Amore che -ospite alla Terrazza Campari della 77ma Mostra del Cinema di Venezia- dice di sentirne la grossa responsabilità.
“Ho paura. Come si ha paura delle grandi avventure, come quando da bambini si deve partire per il mare e non si dorme la notte, come quando esci le prime volte con una ragazza e ti senti impacciato, però sai di avere le potenzialità per risultare giusto”, racconta il Ciro Di Marzio della serie. “La paura è tanta perché sappiamo che le aspettative sono altissime, però ci siamo preparati bene, quindi non vediamo l’ora di cominciare”, sottolinea.
D’Amore si lascia andare a dire qualcosa sulla -segretissima- trama, attesissima dai fan. “Questa serie raccoglie un’eredità particolare rispetto alle altre-spiega- perché le altre quattro stagioni si sono succedute con una scansione temporale analoga, mentre tra la quarta e la quinta il film ‘L’Immortale’ (diretto dallo stesso D’Amore, che fa un focus sul suo personaggio, ndr) ha costruito un ponte generando delle ‘vertigini narrative’. E quel film finisce in un modo inequivocabile, cioè i due protagonisti dopo un lasso di tempo importante si ritrovano. Noi riprenderemo la storia da lì. Quello che posso dire è che come sempre non deluderemo: il risultato sarà assolutamente inaspettato”.
Il regista fa poi alcune considerazioni sulla 77ma Mostra del Cinema di Venezia. “Non poteva che avvenire a Venezia questa azione di coraggio, e non poteva che partire dall’Italia questo timbro sulla necessità della nostra presenza, della nostra partecipazione -dice- L’Italia è sempre stata portatrice di bellezza, arte, cultura, di messaggi che scavalcano le barriere della paura, del pericolo. Perché chi organizza questa mostra sa che si esorcizza la paura attraverso il racconto. E arrestare questo processo creativo significherebbe relegare l’essere umano in una zona di aridità troppo pericolosa”.